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lunedì 21 aprile 2014

generatività

Nell'ultimo anno ho fatto un percorso personale, ho percorso una strada autonoma alla ricerca di certe risposte. Chi segue questo piccolo blog sa di cosa parlo.

Ho iniziato con E. Fromm e la sua ben nota distinzione tra avere o essere, sono passato attraverso la liquidità di Z. Bauman e certi articoli di giornale come quello di S. Settis, non dimenticando alcune considerazioni di amici tuitteri che non potevano essere sottovalutate.
Ho riletto alcune cose che appartengono alla teologia della liberazione dal momento che l'arrivo di un papa sudamericano è stato esso stesso un segno notevole di un mutamento, per quanto credente ateo ognuno di noi possa essere.

Mi sono avvicinato da tempo a queste letture sociologiche e antropologiche, perchè alla fine dei miei studi vivevo in un paese in cui, nonostante i gravi problemi, c'erano delle regole e c'erano degli obiettivi. Si capiva che il paese aveva tra i suoi obiettivi il benessere comune.

Poi tutto si è disgregato, lacerato. Come se tutto e tutti fossimo diventati luoghi e persone senza più alcuna manutenzione.  Tutto è diventato eticamente ed esteticamente brutto.

Le analisi varie che venivano formulate erano tutte coerenti ma allo stesso tempo insufficienti, perchè il degrado era stato più veloce della stessa capacità di analisi. E ciò allontanava ancora di più la possibile sintesi. Quella sintesi che era ciò che io cercavo.

Anche negli scambi su tuitter, dove leggo molti spunti interessanti, sono tutti bravi a formulare commenti sarcastici, precisi, netti; tutti perfetti nel criticare ma raramente si trova un accenno alla possibile soluzione, ad una possibile reazione. Voglio troppo ?
Forse, ma ritengo che se esiste una sintesi, questa si debba manifestare sempre e dovunque.

Ebbene questa sintesi l'ho trovata in questo libro, ma ancor di più nel libro di Mauro Magatti e Chiara Giaccardi che ne è la naturale estensione. La risposta ai mali della moderna società occidentale, ma in breve varrà per tutti i paesi che adotteranno una schema post-capitalistico, viene suggerita in una 'generatività' che diventa, dovrebbe diventare, lo standard di una società nuova che rimetta al centro la persona, il suo essere e la sua capacità di modificare sè e il suo ambiente circostante senza il corto circuito 'potenza-volontà di potenzà'. Il narcisismo contemporaneo, di cui aveva parlato Roberto Cotroneo qui, è il naturale risultato di persone che hanno smarrito la direzione del sè e vanni invece verso quella immagine propria che altri hanno suggerito e proposto. I modelli estetici, etici e comportamentali vengono diretti verso forme di omologazione sempre più subdole spesso difficili anche da identificare perchè la stessa riflessione sulla propria vita richiede tempi e modi ostacolati dalla  routine quotidiana.

Credo che il percorso che da Fromm mi ha portato alla generatività attraverso Freire sia in realtà una strada maestra del nostro vivere contemporaneo e che rappresenti l'unica via possibile alla crisi che stiamo attraversando. Il lavoro di Mauro Magatti e Chiara Giaccardi è il risultato di uno studio lungo e articolato che si declina poi nell'arte, nell'impresa, nella sociologia, nell'economia e nell'educazione. La potenza della generatività è notevole soprattutto se, come spero, diverrà un tendere comune verso certe istanze di rispetto di sé e degli altri che ci dovrebbero essere care come persone libere.

La cosa che ho amato di più in questo libro è il fatto che la generatività agisce su scale diverse. Si muove dall'individuo e va verso una società. Può motivare scelte personali, come l'adozione di un bambino; può sostenere altresì  uno schema macro-economico in cui i profitti aziendali diventano una componente, non l'unica, di un successo d'impresa.

Non a caso il sottotitolo ha in sé la parola manifesto: questo contributo non è solo un'analisi precisissima e lucida su ciò che siamo diventati ma propone una sintesi e una risposta ai mali dell'oggi verso un futuro diverso. Un futuro nel quale, in assenza di rimedi e di contromisure,  non si spezzeranno le catene virtuali che noi stessi ci siamo costruiti

Buona Lettura.

PS: Altro sul progetto complessivo della generatività è qui: http://www.generativita.it.

sabato 2 novembre 2013

il libro dell'amore proibito (m. desiati)

Non sono stato capace di lasciarlo. Da quando ne ho iniziato la lettura, ho interrotto solo per dormire ed ho finito poco fa.
Una narrazione potente e dolce allo stesso tempo.

Veleno, protagonista maschile, difende l'amore e la bellezza del suo amore a costo di tutto e tutti. Contrappone questa bellezza, la bellezza che solo gli adolescenti sanno cogliere, alla giustizia che è un qualcosa che appartiene agli adulti. Una giustizia in cui i comportamenti vanno inquadrati, recintati, incasellati. Apparentemente si vuole capire perchè si sono create certe situazioni 'incresciose' ma nessuno in verità vuole veramente vedere. Perchè spesso vedere vuol dire vedersi.

Veleno è un Holden Caulfield che s'innamora di Donatella, sua insegnante. A questo amore consacra la sua vita, in modo lento ma inesorabilmente determinato.
Lo so che il paragone con Salinger è forte ma è ciò che penso. L'adolescenza è diventata anch'esso uno stereotipo perché è facile descriverla male. Perchè può far molto male descriverla bene.
Ancor più difficile è pensare che in quell'adolescenza si possa cristallizzare un momento perfetto che giustifica tutto il resto e che necessariamente non può più fregarsene di ciò che deve essere.

Veleno e Donatella sono quindi lo schiaffo in faccia al mondo di chi ama e sa che al di fuori dell'amore nulla ha più alcun senso. La 'giustizia', la 'famiglia', la stessa 'amicizia' restano parole vuote se non attraversate dall'amore sincero che loro vivono e al quale non vorranno mai rinunciare.
Alcune pagine di questo libro sono fortissime ed è difficile trattenere sorrisi e lacrime.

Nessuna parola in questo romanzo è superflua o imprecisa.

Ho scritto questo commento a caldo perchè volevo riportare le impressioni vive di chi è ancora con la testa nel libro. Un libro nel quale, alla fine, vorresti entrare e fare il bagno in mare con Nappi, Walter, Veleno e Donatella. Proprio così: giocare a spruzzarsi l'acqua addosso senza preoccuparsi dell'ora e del giorno ma solo guardandosi e ridendo, con la contentezza di ha trovato l'autenticità e non la baratterà più con nessun surrogato.

Buona lettura.

"Non tutte le cose belle sono giuste."

domenica 22 settembre 2013

rossa lava di fuoco (a. angelone)

Ci sono libri che sono difficili da definire. Questo è uno di quelli.

C'è l'area napoletana, famosa per le sue bellezze, dal Vesuvio a Sorrento, da Positano a Capri. Un fazzoletto d'Italia non grandissimo ma che offre sfumature indimenticabili di mare, di cielo e di verde, in qualsiasi stagione dell'anno.
Ci sono storie d'amore, di quell'amore struggente, oppure fugace, o ancora  preludio di vite ed esistenze nuove.
Ci sono ritagli storici, riferimenti alla cronaca civile, mondana e politica degli anni passati.
Ci sono volti noti, quelli più amati, quelli che hanno avuto la capacità ci concentrare l'attenzione dei media e il favore delle persone.
Ci sono episodi noti e meno noti delle vite di chi ebbe il coraggio di mettere l'amore al primo posto sfidando convenzioni e anche di chi si fece soggiogare da queste ultime perdendo banalmente l'ultima possibilità di essere felice. È all'apparenza una passeggiata nelle cronache rosa che invece maschera uno sguardo sull'amore e sul dolore, sentimenti che appartengono. Indagini meticolose, ricerche d'archivio, puntuali ricostruzioni storiche sono in qualche modo perfettamente integrate in scrittura rigorosa che non lascia trapelare alcun giudizio e che usa tutti i registri possibili. L'autrice si guarda bene dal formulare alcun giudizio e si preoccupa di dare al lettore la più nitida visione di certe storie che tutti conosciamo ma che andavano rivisitate nel profondo e soprattutto osservate con uno sguardo attento e amorevole.

Questo è un libro di amori e sull'amore. Ma ancora di più lo è sulle scelte che si fanno (o non si fanno) per quest'amore e che, nel bene e nel male, conducono la vita di ognuno di noi su certi binari.

È un libro che ci ricorda che baciarsi e amarsi a Punta Tragara in una notte stellata è facile.
Più difficile è amarsi come se si fosse sempre a Punta Tragara.

Ci sono libri difficili da definire, ma che hanno una propria bellezza interna e che si lasciano amare lentamente. Questo è uno di quelli.

Buona lettura

venerdì 20 settembre 2013

il commissario ricciardi (m. de giovanni)

Qualche anno fa la mia cara amica Geppina mi suggerì di leggere l'esordio letterario di un autore che, secondo lei, avrebbe fatto rumore e clamore. Sapendo che mi piacevano i gialli e le atmosfere noir, mi consigliò quello che sarebbe stato il primo libro della serie del Commissario Ricciardi.

È chiaro che ora è difficile parlare di un libro, di una serie di libri, che hanno avuto tanto successo, ma ho un legame forte e particolare con questi libri.

Potrei parlare del modo con cui personaggi sono descritti, di brani e passaggi che sembrano fotografie in bianco e nero, di una fase investigativa a dir poco suggestiva grazie a questo rapporto con le 'anime', ciò che viene definito il fatto.

Ma sostanzialmente mi restò un'idea fortissima in mente: Ricciardi è Napoli.
L'incarnazione cioè di un qualcosa che è ben lontano dallo stereotipo pizza, mandolino e anema' e core. Ma che invece è il rispetto per la diversità, la sospensione del giudizio, l'esercizio costante della pietà e della misericordia, la comprensione degli errori come parte di un'umanità in cui nessuno è senza peccato.
Sentimenti che a Napoli sono spesso mascherati dietro lo sberleffo, l'ostentazione e l'esternazione di certi atteggiamenti estremi,  come Pulcinella appunto.

Negli anni la città è cambiata, forse in peggio, ma nei racconti di De Giovanni si sente ancora il rumore, anzi il suono di quella città dove ora i munacielli, le anime, usanze antiche di tradizione millenaria, le stesse canzoni, sono spesso zittiti dal traffico, dai centri commerciali naturali, da una specie di movida continua.

Quel suono, secondo me molti lo portano ancora dentro. De Giovanni forse ne è un custode, tra gli ultimi. Ricciardi è la rivalsa di Napoli contro una presunta modernità che ne sta cancellando lentamente e inesorabilmente l'identità.

Se volete capire Napoli, partire dal Commissario Ricciardi.

Buona lettura






giovedì 11 luglio 2013

justine 2.0

Seguo Elena Bibolotti su twitter (@bibolotty) e da qui sono arrivato al suo blog che frequento spesso: http://bibolotty.blogspot.it
Il blog è scritto benissimo: pieno di spunti interessantissimi e soprattutto ricco di intelligenza, intesa come capacità di guardare attraverso.
Non potevo quindi non leggere il suo Justine 2.0, in cui si guarda dentro. Justine è il racconto di un'anima che si guarda dentro, fino in fondo.

È il diario di una settimana, nella quale la protagonista fa un viaggio dentro se stessa. Lungo, spietato, senza concedere e concedersi nulla. Il bisturi della scrittura affonda nelle pieghe più profonde della sua anima, anche se è il corpo che prende la prima scena.

La lettura superficiale porrebbe questa sequenza di sesso, rapporti particolari, esperienze border-line, nell'ambito della letteratura erotica: invece credo che sia letteratura tout-court proprio perchè Elena riesce con la sua scrittura a descrivere l'evoluzione di Justine  come risultato di esperienze che - in modo forte - servono a togliere ciò che è in eccesso.
Si lascia dietro per quanto possibile ciò che inutile e si lascia solo l'essenziale.
Le ultime pagine sono come un arcobaleno che finalmente spunta dopo una pioggia incessante e quasi disperante anche se qualche spiraglio di luce nel testo si trova.
C'è un passaggio, tra gli altri, a pag.34 davvero molto bello, intenso e commovente: quasi un ribadire un legame ombelicale con Roma.

Justine è in fondo la cronaca di un'anima che si denuda. Dolorosamente e lentamente, nascondendosi dietro le storie di ciò che questo corpo offre, subisce, sopporta e vive, l'interiorità di Justine viene svelata. Di questo svelamento la scrittura di Elena è in larga parte la forza più importante.

Sono un lettore qualsiasi, un semplice amante della lettura e dei buoni libri. Dico quindi che questo potrebbe non essere un libro per tutti, ma che io sono contento di aver letto.

Sono anche certo che Elena dovrebbe avere la possibilità (cosa che le auguro) di continuare a fare ciò che le piace: raccontare e raccontarsi.

"L'amore che supera i confini disegna i paesaggi che vuole. L'amore che supera i confini non è mai perversione, è solo un punto di vista più suggestivo."

domenica 12 maggio 2013

memorie di adriano (m. yourcenar)


Spesso mi capita di tornare a questo libro; appartiene alla decina dalla quale non saprei separarmi.

È la biografia scritta in prima persona, di uno dei più grandi uomini dell'antichità. Il testo è di una donna: già questo è un passaggio per me stupefacente, M. Yourcenar, uno dei grandi nomi della letteratura.

La prospettiva è una soggettiva dell'imperatore che ha trasformato, diretto e compiuto il lavoro dei suoi predecessori, elevando a grandezza eterna, Roma e il suo impero.

Un uomo che non dimentica di interrogarsi sulla morte, sulla vita, sulla bellezza, sulla gestione dell'Impero, sulla necessità di una guerra e sulla ricerca della pace.

Un animo nel quale la Politica, fatta di confini, scelte e piani non dimentica di confrontarsi con la politica dei soldati, dei contadini, degli uomini appartenenti alle provincie più lontane.

Spesso, rileggo dei brani perchè mi danno la conferma che certi ragionamenti sono possibili. Mi rendono reale, concreta, la possibilità che si può essere un capo, un condottiero, un leader senza dimenticare il proprio lato più umano, debole, intimo. Anzi, si deve dialogare con questa intimità, percorrendola in modo spietato e sincero, così come si cavalca il proprio destriero sugli altipiani ai confini dell'Asia Minore.

Poi, è facile paragonare questa visione di Adriano del mondo e dell'impero con l'assenza appunto dei nostri giorni. È facile capire che questa crisi, italiana innanzitutto, è la crisi di un paese che ha rinunciato in primo luogo alla bellezza, alla ricerca della bellezza. Tutto ciò che manca, parte da quell'assenza.
Manca la bellezza nei comportamenti, negli atteggiamenti, nelle strade, nel decoro singolo e nel decoro urbano. Le scuole sono brutte e invece la scelta di un colore può essere decisiva in uno stato d'animo. Figuriamoci poi, se è un ospedale ad essere brutto.

Non mi meraviglio più quando scopro che molti, troppi, non hanno mai letto questo libro: in fondo, siamo quello che leggiamo.

Come il viaggiatore che naviga tra le isole dell'Arcipelago vede levarsi a sera i vapori luminosi, e scopre a poco a poco la linea della costa, così io comincio a scorgere il profilo della mia morte.

Buona Lettura

domenica 5 maggio 2013

parlo dunque sono (a. moro)

La linguistica è una una disciplina affascinante. L'ho sempre pensato ma non ho mai avuto il tempo di approfondire nulla. Grazie a twitter, che ormai è il mio pusher di contenuti, scopro e seguo Andrea Moro e il suo libro "Parlo dunque sono".
Una trattazione che ho trovato di livello elevatissimo.

I vari capitoli sono presentati come istantanee, come un album di fotografie che non hanno quindi la pretesa di raccontare tutto, ma che rappresentano e definiscono i punti fondamentali e gli snodi critici.

Un viaggio nel tempo, nella storia e soprattutto nell'evoluzione del pensiero umano grazie al quale dalle lingue e i linguaggi si arriva ben presto alla matematica, alla fisica, alla musica, alla biologia, alla logica, alla letteratura, alla poesia e alla (bio)neurologia.

Si percepisce, sullo sfondo, questa visione unitaria - meravigliosa - del pensiero umano,  dove le barriere interdisciplinari vengono abbassate se non abbattute e ed emerge l'immagine di un uomo che è in quanto capace di parlare.

Ogni istantanea (sono 17 in tutto) ruota attorno ad una figura.  Le voci di Cartesio, Russell, Aristotele, Platone . . .  sono rese sincroniche, come se il lettore le stesse riascoltando, avendole tutte di fronte a sè in un immaginario convegno sull'uomo e per l'uomo.

L'istantanea #16 (N. Jerne), da sola, vale l'intero lavoro.

Un libro che ho trovato perfettamente allineato con le qualità del millennio definite da Calvino nelle Lezioni Americane.
Un libro che apre orizzonti e guarda lontano, in ogni direzione, pur rimanendo leggero: un aquilone, in buona sostanza.


mercoledì 20 marzo 2013

la pirdunanza (v. ciminiello)

Mi sembrava giusto leggere questo libro nei giorni di Quaresima, in prossimità delle celebrazioni della Settimana Santa.
La Pirdunanza è la storia di un suicidio che poi si svela essere un omicidio: è apparentemente un giallo, ma in realtà cela molte possibili letture, come tutti i libri ben riusciti.

È un affresco sulla Sicilia degli anni '50 e di gran parte del nostro Meridione dove riti arcaici si intersecavano, ancora per poco, con la civiltà contadina. In questi riti arcaici il Cristianesimo era prepotentemente entrato a dettare certi tempi, a dare quasi un ritmo alle esistenze. La Pirdunanza è appunto uno di questi riti della Pasqua.

È una fotografia dei contrasti sociali che si iniziano a palesare e soprattutto della perdita irrimediabile di antiche letterature tramandate ancora oralmente. La figura del carabiniere è bellissima.

È anche un leggero saggio filosofico sul peccato, sulla ragione, sulla scienza e sulla fede. Temi appena accennati, certo, ma presenti.

Libro scritto in forma barocca, con dovizia di descrizioni e particolari. Ma in una forma che è leggera, mai noiosa. Ci si sente al centro della vicenda con la giusta curiosità verso le cose, le persone e i sentimenti.

Un libro nel quale si giudica raramente. Il narratore e il suo alter-ego, pur non disdegnando prese di posizione chiare nei confronti dell'autorità, delle ipocrisie sociali, e un malinteso senso del peccato, osservano gli eventi con la consapevolezza fondamentale che il rispetto, per sé e reciproco, può essere una guida fondamentale. Una pietas che non diventa mai accondiscendenza.

"la verità a volte nel venire a galla preferisce farsi precedere dall'errore, per accrescere nell'attesa il suo già inestimabile valore"

Buona Lettura

venerdì 8 febbraio 2013

#tWebook

Non è neanche un anno che sono su twitter. Eppure ho avuto il privilegio di assistere a due esperimenti di scrittura nati all'interno di questo social network.
Uno di questi è #tWebook.

#tWebook è un racconto scritto tweet à tweet - come recita la copertina - da @titofaraci e @angiolettofree.
Un tweet, per chi ancora non lo sapesse, è un messaggio composto da 140 spazi, la lunghezza di un sms.
I due autori, un tweet dopo l'altro, hanno costruito una storia molto bella che alterna situazioni da thriller ad altre più romantiche lasciando un giusto grado di attesa.
Ci sono cadaveri, baci, e tweet naturalmente.
I personaggi che troverete sono tutti belli e se si considera quanto pochi caratteri siano stati usati si capisce come la sintesi imposta dal mezzo abbia generato una forma nuova di 'racconto'.

È ovvio che ci sono molte citazioni, rimandi, e quindi il presupposto che il lettore sappia già altro: ma questo è sottinteso fin dall'inizio in questo gioco.
Considero #tWebook un piccolo gioiello: anche la grafica finale è molto ricercata e adatta alla forma del testo. Potete scaricare il libro in pdf qui: #tWebook.

La lettura in toto però non ha avuto per me lo stesso fascino di quando un tweet dopo l'altro la storia si è sviluppata. Anche i tweet che si scambiavano i due autori, sulla creazione della storia, erano da considerarsi all'interno della narrazione.
Alcuni tweet di Tito sono dolci come carezze, mentre altri di AngiolettoFree hanno la fermezza dei 'duri'. Lo scambio continuo è stata la parte più riuscita: un'alchimia non facile.

Ci sono stati momenti, tweet, di assoluta bellezza; io ho i miei preferiti ma non voglio elencarli per non influenzare coloro che ancora non l'hanno letto.

Cosa state aspettando ?!
Invece di perdere tempo su Twitter scaricatevi il pdf e correte a leggerlo.

venerdì 28 dicembre 2012

Cotroneo e Grossman

In questo anno che finisce, ho avuto la fortuna di leggere due libri bellissimi. Dolorosi ma bellissimi.
Libri che mi hanno fatto emozionare, cosa che non mi capitava da tempo. Entrambi sono collegati.

Quest'estate, ad una sagra (come sempre) sono andato a cercare le bancarelle dei libri insieme con la mia famiglia: questa passione che ci unisce è una cosa molto 'nostra'.

Ho visto subito "Questo Amore". La copertina era una fotografia che conoscevo e come sempre sono partito da lì. Poi questo Cotroneo, lo leggevo sull'Espresso, poi avevo letto altro, ma ne avevo solo un ricordo sfumato. Avevo letto qualcosa della sua attività letteraria, ma poi nulla più. Scivolato via senza un motivo, come spesso accade.

Torno a casa, apro il libro e vengo rapito da questa storia, da questa serie di flash che compongono la storia e la la vita dei due personaggi.
Forse è la più bella storia d'amore che abbia mai letto. Anzi, una storia sulla forza dell'amore, sull'amore come unica via.

Ma non è stato il "cosa", è stato il "come". E' un collage di fotografie che sfilano davanti, come prese da una vecchia scatola di latta. Chiaramente alla fine si delinea anche un "quando" e un "perchè" ma, insisto, il "come" è bellissimo. Non nascondo che da quella lettura sono nate delle considerazioni e delle riflessioni personali che mi hanno anche consentito di analizzare meglio una parte di me. E questo capita solo quando i libri che leggiamo diventano 'nostri'. Questo Amore è uno dei 'miei' libri.

Poi c'è la magia di twitter. Mi ha consentito di (ri)annodare un filo stretto con Roberto Cotroneo e di iniziare a leggere il suo blog http://robertocotroneo.wordpress.com.
Uno dei suoi post più belli è stato dedicato a Grossman e al suo "caduto fuori dal tempo".

Avevo visto l'autore da Fazio che lo intervistava, ma da un po' Fazio non riesce più a stuzzicarmi e quindi, sbagliando, avevo spento la tv. Ritrovo però questo libro presentato dal post (e da qualche tweet) di Cotroneo. Lui sempre così puntuale e netto, senza mezzi termini diceva: "Uscite di casa e andate a comprare questo libro". Cosa che ho fatto.

Sconvolgente. La lettura di Grossman è stata sconvolgente. Non trovo aggettivi migliori. Grossman già nei libri precedenti aveva avuto il coraggio di scontrarsi con il dolore più grande che essere umano possa concepire, ma qui ha osato ciò che non pensavo fosse neanche immaginabile. Una scrittura impietosa e spietata puntata come un faro sul nocciolo buio della nostra esistenza.
La scrittura è complicata ma decisamente adeguata. Ora prosa, ora verso, ora preghiera, ora lamentazione, con alcuni passaggi che scavano nel cuore del lettore dei solchi indelebili.
Ma nonostante questo inotrarsi in questo dolore immenso e lacerante, tutto scorre e come lettore non ho avuto paura di ciò che leggevo: è stato come avere qualcuno che ti prende la mano e ti porta con sé nell'oscurità. In quell'oscurità dove ci incontreremo. Anzi, sembra suggerire che in quell'oscurità l'unica via è cercare di riconoscersi, ritrovandosi simili,

Questi due libri sono state le mie migliori letture del 2012. E forse tra le mie migliori letture di sempre.

La loro lettura mi ha scosso e penso di aver 'annoiato' quelli che mi conoscono parlando continuamente di entrambi.  Ma come si può tacere di tanta (dolorosa) bellezza ?!


Senza l'uno non sarei arrivato all'altro.
I libri si parlano tra loro, lo sappiamo da tempo.
Infatti li sistemerò uno vicino all'altro nello scaffale della libreria.


martedì 11 dicembre 2012

musicante

Ho avuto il privilegio di vedere questo libro quando era in bozze. Ma soprattutto quello di avere l'autore tra le persone a me più care.

Il protagonista assoluto di Musicante è il vento. Non può che essere il vento.

Ho sempre pensato che l'umanità può essere divisa in due categorie: coloro che amano il vento e quelli che lo temono. Non è una divisione tra buoni e cattivi, nè tantomeno una forma di classificazione. Semplicemente è così. 

Musicante parla di persone, di storie, di fatti che trovano nel vento la loro ragion d'essere. Si abbandonano ai flussi della vita, alle folate dell'animo e del cuore senza chiedersi nulla. Consapevoli che questo abbandonarsi silenzioso, senza resistenze e senza domande, è una delle strade migliori per essere parte di questo immenso cammino che chiamiamo 'vita'. 

Musicante è anche storia del sud, di mandorli, di uomini e donne, di passioni e struggimenti eterni ..... Il linguaggio è meraviglioso. Sembra, appunto, che sia stato scritto dal vento. Ora si assiste ad un ristagno, ora ad un vortice, e poi ancora a quell'aria strana che precede una tempesta. La lingua diventa atmosfera, in senso letterale, ovvero una sacca di ossigeno in movimento casuale che avvolge e guida il lettore, modulandone il trasporto e l'empatia con la vicenda. 

Da bambino, come tutti i bambini, amavo restare seduto a guardare le nuvole portate dal vento. La stessa sensazione che ho provato leggendo questo libro. La stessa  che credo proveranno tutti quelli che lo avranno tra le mani. 

Certo, il libro offre livelli di lettura differenti e anche contrastanti; in alcuni casi ci si può far ingannare dallo sviluppo della trama. Storia d'amore, di mistero ed anche Storia d'Italia, in alcuni tratti. 

Ma resta, alla fine, quella sensazione di trovarsi in una giornata ventosa, sulla sommità di una collina a guardare le nuvole. 

 Buona lettura.

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