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"Poiché non sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile; però tutto accade solo un certo num...

mercoledì 31 luglio 2013

epigrafe

Epigrafe di Adriana Zarri (scritta da lei stessa)

Non mi vestite di nero:
è triste e funebre.
Non mi vestite di bianco:
è superbo e retorico.
Vestitemi
a fiori gialli e rossi
e con ali di uccelli.
E tu, Signore, guarda le mie mani.
Forse c’è una corona.
Forse
ci hanno messo una croce.
Hanno sbagliato.
In mano ho foglie verdi
e sulla croce,
la tua resurrezione.
E, sulla tomba,
non mi mettete marmo freddo
con sopra le solite bugie
che consolano i vivi.
Lasciate solo la terra
che scriva, a primavera,
un’epigrafe d’erba.
E dirà
che ho vissuto,
che attendo.
E scriverà il mio nome e il tuo,
uniti come due bocche di papaveri.

gentile professore

Insegno dal 1992, e sono titolare di corsi dal 1996.
Chissà quanti studenti mi hanno odiato, oppure sono stati oggetto di giudizi non equi da parte mia. Spesso la notte ripenso a chi sono, cosa hanno fatto, cosa proporre per il loro accrescimento culturale, metodologico. Ma quanti errori avrò fatto ?! Tanti, di sicuro.
Nei processi di valutazione s'incorre sempre in un errore, in un cattivo inquadramento. Il momento degli esami è sempre difficile per chi ha a cuore questo lavoro.

Di una cosa sono certo però: la passione e l'impegno non li ho mai misurati.
Ieri trovo questa nella mia casella di posta istituzionale.

"Gentile professore,
è mia abitudine, dopo aver sostenuto un esame il cui docente ha secondo me dato il meglio di sè nel trasmettere messaggi vivi - non solo didatticamente ma anche personalmente a noi studenti- ringraziare quanto minimo con una mail il Professore. 

Il mio non è però un ringraziamento frutto di un esito positivo dell'esame  ma relativo al corso (manderei a fine corso il mio messaggio ma non lo faccio per evitare che passi come una semplice adulazione). 
Le devo secondo me un ringraziamento prima di tutto perchè mi rendo conto di quanto sia difficile lavorare con noi studenti; alle volte io stesso rimango allibito di tanta mancanza di serietà da parte di noi studenti e, cercando di non pensarci, provo a trarre esperienza da ogni avvenimento. Il Suo lavoro penso sia quanto di più gratificante ci possa essere (lo credo perchè da giovane studente ammiro la carriera universitaria!) ma mi rendo conto delle mille difficoltà che vi sono nell'affrontarlo, soprattutto oggi in Italia dove pare che noi studenti, (io e Lei intendo perchè credo che Lei sia più studente di me per l'impegno e la dedizione con cui svolge il Suo lavoro) siamo gli ignoranti e non meritiamo gratificazioni, mentre i furbi, tutti coloro che viglliaccamente si sono forgiati nel mondo del lavoro a discapito degli altri sono idoli da ammirare e simulare. 
Tale ringraziamento Le va per il modo in cui ha condotto il corso; io come studente mi sento avvilito di fronte ad una realtà del genere e spero a malincuore di trovare la mia strada altrove, ma Lei ci ha saputo trasmettere il piacere di lavorare studiando, mostrandoci tanti lavori non astratti come tanti libri di testo, ma che realmente sono il frutto di un lavoro intenso e spassionato. Sinceramente il corso così come è impostato mi ha tanto soddisfatto e non credo che due crocette siano suficienti a dimostrarlo ed è anche per questo che Le ho inviato questo messaggio.Tanti cari Saluti."

Il miglior regalo che potessi avere.

lunedì 29 luglio 2013

pixote (la legge del più debole)

Oggi pensando al viaggio di Papa Francesco in Brasile e a certi tweet che sono rimbalzati nella mia timeline, mi è tornato in mente un film di Hector Babenco.
Pixote è una storia ambientata a San Paolo del Brasile, dove i più deboli, i bambini e gli adolescenti divengono carne per adulti senza freni e limiti. Sono animali per il divertimento di chi ha avuto solo la fortuna di nascere qualche anno prima. Un film in cui mancano redenzione, pietà e felicità. Un film in cui tutte le storture del mondo, vengono elencate e subite da chi non si può difendere. Sono filmate  e raccontate quasi come un documentario disperante e disperato. Babenco filmerà poi il più famoso 'Il Bacio della Donna Ragno', altro capolavoro, ma Pixote per resta un caposaldo di certa filmografia che dai problemi del Sudamerica è stata capace - come uno specchio - di rimandare immagini sulla/alla nostra cattiva coscienza.

C'è una scena dolcissima in cui i bambini fanno il bagno e per un attimo brevissimo ritrovano la loro 'ingenuità' fatta di spruzzi e giochi d'acqua. Flebile appiglio ad un'innocenza violata. Innocenza che ha dovuto lasciare il posto ad una guerra per la sopravvivenza in cui il male minore rimane come unica regola, anche se quel male minore scolpisce indelebilmente esistenze troppo giovani per decifrare la semplicità subdole delle forme del male.

Pixote è un film durissimo, un vero pugno allo stomaco; di quelli forti che fanno stare male davvero.
Violenza, degrado, lotta per sopravvivenza quotidiana, ricerca di una carezza: Lo sguardo però alla fine sarà più limpido su ciò che nelle nostre vite conta davvero: proteggere i deboli, com-patire, combattere l'ingiustizia.

Bisognerà che ritorni sul Brasile e sul Sudamerica: c'è ancora tanto da dire.
Per il momento, cercate il DVD e buona visione.


domenica 28 luglio 2013

viaggio

Spesso quando ho bisogno di consolidare certe idee, certi concetti, mi metto in movimento. Devo allontanarmi dal centro. Ho bisogno di mettere spazio - e quindi tempo - tra le cose pensate. Devo vederle da altre angolazioni; devo capire se girando attorno a certi concetti, a certe scelte possibili si nasconde qualcosa che non avevo valutato oppure ci sono aspetti che non erano stati considerati.

A volte mi basta rimanere seduto. Invece altre volte ho proprio bisogno di macinare chilometri. Le idee si puliscono, si asciugano e spesso resta quel che cercavo; a volte rimane l'essenziale. Non sempre è ciò che mi aspettavo, ma so che è sicuramente qualcosa di molto più vero e autentico di pensieri sedimentati e avvolti ormai solo su se stessi.

A volte sono viaggi programmati. A volte sono occasioni che si presentano, piuttosto inaspettatamente. Possono essere di poche ore, oppure di qualche giorno, ma il loro segreto motivo è lo stesso: ricercare la pulizia di certi pensieri.

Nell'ultima settimana ne ho fatto uno da cui ho imparato molto. Mi sono ritrovato con una foto nitida di ciò che sono e che amo. Senza filtri e senza alterazioni.

Il resto, ora, è (dovrebbe essere) facile.


Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone. 
John Steinbeck

sabato 20 luglio 2013

the arrival [l'approdo] (shaun tan)

Fatevi un regalo: compratevi  questo libro. Le uniche parole sono quelle del titolo. Poi ci sono solo disegni. Matita su carta. Quattro anni di lavoro di quello che è ritenuto uno dei più bravi disegnatori al mondo. Storie di migrazione, di speranze, di mondi nuovi nei quali si cerca un avvenire, la possibilità di una vita migliore. Si narra, solo per immagini, cosa significa l'accoglienza, mai immediata e scontata, cosa possa essere per un bambino rimanere senza gli affetti e come una famiglia possa stringersi intorno ad un obiettivo comune.
È la storia di un viaggio ma è anche la storia dell'umanità, la nostra storia insomma. 

L'ho suggerito a tutti quelli che conosco.  Toccherà le vostre corde più segrete: The arrival.


venerdì 19 luglio 2013

pino daniele

Lunedì, 5 Gennaio 2014

E passerà
lasciami gridare
solo un po' di melodia
se capisci va bene
o sinò te futte

=================
- Non sai parlare. 
- L'importante è che saccio sunà.
==================

Una domenica di tanti anni fa, Renzo Arbore annunciò per quella puntata (L'Altra Domenica, Rai 2) l'esordio di un giovane cantautore partenopeo. Questo strano tipo, senza molte parole, prese la chitarra in mano e intonò "Na' tazzullela 'e cafè". Fu un terremoto emotivo per tutti i ragazzi napoletani come me.
Era al suo secondo album, ma quella apparizione sancì la nascita di una 'musica nuova' nonché si confermò la bravura di Arbore. Uso 'musica nuova' non a caso perchè c'era stata (c'è ancora) l'esperienza della Nuova Compagnia di Canto Popolare e poi appunto MusicaNova, ma che affondavano le radici musicali nella ricerca dell'antico interpretato in chiave moderna. Oggi si chiamerebbe world music.
Avevamo poi Merola e le canzoni classiche, ovvero la tradizione e poi c'era e l'attualità della sceneggiata. Non sapevamo, non potevamo ancora, collegare certi passaggi musicali. Poi arrivò lui, a cantare in napoletano senza usare stereotipi, anzi faceva anche protesta sociale e innestava il tutto su melodie nuove ma nelle quali si sentiva l'appartenenza.
Epifania di una modernità musicale che aspettavamo, non solo a Napoli.

Le canzoni dal primo album, Terra mia, furono sconvolgenti: sconquassarono il nostro modo di sentire la musica italiana e partenopea.
I successivi tre furono la chiusura dell'anello tra tradizione e modernità musicale intesa a livello internazionale. Noi amavamo il blues. il jazz e non volevamo rinnegare allo stesso tempo, Reginella.

Pino Daniele (Pinuccio, come lo chiamavamo tra noi) aveva fratturato un panorama stagnante ma aveva offerto la possibilita di (ri)costruire un bagaglio musicale collettivo col quale biosgnava far pace.
La cosa più bella era poi sapere che Pinuccio riscuoteva un successo crescente in tutta Italia, e in poco tempo diventò l'artista che conosciamo.

La sua evoluzione personale lo ha portato a suonare e cantare con/per i più grandi musicisti e interpreti, a fare il produttore, a seguire insomma il suo proprio percorso umano e artistico.
Ma quella domenica fu veramente un'altra domenica.

Non saprei fare una classifica delle mie preferite:  sicuramente queste due sono tra quelle che vanno più a fondo.













martedì 16 luglio 2013

stanze


C'era una casa, nella quale sono praticamente cresciuto da Maggio a Ottobre di tutti gli anni della mia fanciullezza e della mia adolescenza.
C'erano queste stanze, ognuna colorata in modo diverso: nessuno se ne ricorda più il motivo.
C'erano questi ricordi associati ai colori.
C'era questo riflesso del mare.
C'era questa luce intensa e forte e questi umori di terra e di acqua, di sale e d'azzurro.


Poi un giorno iniziarono i lavori di ristrutturazione e non avevo alcuna macchina fotografica con me.
Si era in Maggio e solo un vecchio telefono mi diede la possibilità di documentare, per quanto possibile, quello che c'era.

La casa c'è ancora: ma non è più la stessa.

stanze su flickr





giovedì 11 luglio 2013

justine 2.0

Seguo Elena Bibolotti su twitter (@bibolotty) e da qui sono arrivato al suo blog che frequento spesso: http://bibolotty.blogspot.it
Il blog è scritto benissimo: pieno di spunti interessantissimi e soprattutto ricco di intelligenza, intesa come capacità di guardare attraverso.
Non potevo quindi non leggere il suo Justine 2.0, in cui si guarda dentro. Justine è il racconto di un'anima che si guarda dentro, fino in fondo.

È il diario di una settimana, nella quale la protagonista fa un viaggio dentro se stessa. Lungo, spietato, senza concedere e concedersi nulla. Il bisturi della scrittura affonda nelle pieghe più profonde della sua anima, anche se è il corpo che prende la prima scena.

La lettura superficiale porrebbe questa sequenza di sesso, rapporti particolari, esperienze border-line, nell'ambito della letteratura erotica: invece credo che sia letteratura tout-court proprio perchè Elena riesce con la sua scrittura a descrivere l'evoluzione di Justine  come risultato di esperienze che - in modo forte - servono a togliere ciò che è in eccesso.
Si lascia dietro per quanto possibile ciò che inutile e si lascia solo l'essenziale.
Le ultime pagine sono come un arcobaleno che finalmente spunta dopo una pioggia incessante e quasi disperante anche se qualche spiraglio di luce nel testo si trova.
C'è un passaggio, tra gli altri, a pag.34 davvero molto bello, intenso e commovente: quasi un ribadire un legame ombelicale con Roma.

Justine è in fondo la cronaca di un'anima che si denuda. Dolorosamente e lentamente, nascondendosi dietro le storie di ciò che questo corpo offre, subisce, sopporta e vive, l'interiorità di Justine viene svelata. Di questo svelamento la scrittura di Elena è in larga parte la forza più importante.

Sono un lettore qualsiasi, un semplice amante della lettura e dei buoni libri. Dico quindi che questo potrebbe non essere un libro per tutti, ma che io sono contento di aver letto.

Sono anche certo che Elena dovrebbe avere la possibilità (cosa che le auguro) di continuare a fare ciò che le piace: raccontare e raccontarsi.

"L'amore che supera i confini disegna i paesaggi che vuole. L'amore che supera i confini non è mai perversione, è solo un punto di vista più suggestivo."

lunedì 8 luglio 2013

una riga di codice

Eravamo a metà degli anni '80. Passavamo del tempo a fare questi programmini di una riga sui primi computer che circolavano. Erano gli anni del Commodore 64 ( e del suo fratello piccolo il VIC 20), il Sinclair ZX Spectrum. Ancora prima c'era il Texas TI99. I più fortunati avevano il rivoluzionario APPLE IIC.

In pratica si trattava di scrivere un microcodice, quasi sempre in BASIC, in cui non si potevano superare la singola riga. Erano 255 battute a disposizione (la 256ma era il tasto di esecuzione): una palestra di sintesi formidabile.

In uno scambio con Francesca Chiusaroli (@fchiusaroli) su Twitter mi sono reso conto che anche qui si cadeva nell'ambito delle #scritturebrevi e della ricerca di cui si occupa quel blog riguardo i nuovi codici e/o linguaggi della/nella comunicazione moderna.

Qui trovate il link specifico di #scritturebrevi : La virtù nel mezzo.
Un aquilone era già passato per scritture brevi: le intersezioni continuano.

Qui invece, i più curiosi, troveranno un testo sulla storia dei programmi di una riga, che è anche una storia dei linguaggi, della programmazione e dei computer: 10 print.
Un testo scritto benissimo e che ho trovato molto interessante. In un'epoca di app, portability estesa del software e visual object oriented programming, un po' di storia non nuoce.

domenica 7 luglio 2013

marylin

Anni fa ebbi la possibilità di trasferirmi con mia moglie negli Stati Uniti, per qualche mese. Ovviamente le librerie e le biblioteche dei campus americani erano come un sogno per chi come noi amava (ed ama) la lettura e i libri.
Per la prima volta vedemmo che le biblioteche consentivano anche la consultazione di quotidiani, settimanali e mensili. C'era anche la possibilità di abbonarsi comodamente ai magazine che da noi si trovavano con qualche difficoltà, specie se non si era di Roma o Milano.
Grazie alle prime connessioni virtuali riuscimmo anche ad abbonarci all'amato LIFE. Quella scritta era il sinonimo di reportage di altissimo livello, uniti a una documentazione fotografica precisa e rigorosa.  LIFE è stato uno dei giornali che grazie al connubio di foto e testo hanno meglio raccontato l'America ed hanno contribuito alla creazione di quell'immaginario che noi chiamiamo così.
Fummo fortunati perché a Ottobre del 1996, nel 60° anniversario, uscì il numero speciale con la collezione di tutte le copertine precedenti. E questa era la sua copertina: non è necessario aggiungere altro.

sabato 6 luglio 2013

il lungo addio

Ebbi per la prima volta il permesso di andare in campeggio con amici: era il 1980. Cirò Marina, Torretta Crucoli, Camping Punta Alice, 17 anni quasi.

Mare splendido, sabbia finissima, spiaggia immensa. Pallavolo, giochi, ragazzi, musica.
La vacanza passava quieta quando una sera, nell'unica discoteca, la vedo. Milanese, bellissima.
La mia timidezza esplose in un silenzio di tomba. Guardavo solo: non ero più capace di parlare.
Studiavo la situazione. Molti ragazzi attorno a lei. Milanesi, romani, ma soprattutto alti e atletici.
Non sarebbe bastato mettere la camicia con le maniche arrotolate e il bermuda ed essere più eleganti. Combattere con chi nasce già baciato da madre natura è dura. Ma ero (e sono) uno coriaceo.
Lentamente cercai di capire cosa le facesse piacere e cosa le potesse dar fastidio. Capii che il mio understatement non era passato inosservato e soprattutto che certi sguardi non cadevano nel vuoto.

Una parola, poi uno scambio, infine una battuta, aprirono un varco, soprattutto dentro di me. Ma la situazione arrivò a un punto morto. Non si sbloccava. I giorni passavano e capivo che c'era bisogna di una svolta. All'inizio dell'ultima settimana (delle tre) di vacanza, avvenne.
Un sabato sera, forse notte, tornando a piedi al campeggio, ci guardammo e senza dire nulla ci demmo la mano e camminammo insieme. Non ci fu bisogno di parole.

Invece di tornare nelle ns. tende (lei era in un camper, la ns. tenda invece era una specie di lazzaretto) andammo in spiaggia. "Mi hanno detto che suoni la chitarra: canteresti qualcosa per me ?!"

Qualcosa ?! Fumavo da poco e avevo ancora una voce decente. Ovviamente avevo il repertorio classico dei falò ma anche l'asso nella manica di Pino Daniele che all'epoca non era ancora così famoso. Furono giorni di luce, di luna e di musica. Giorni in cui capii che una certa vita finiva e ne cominciava un'altra. Lei parlava poco ma rideva molto e soprattutto - molto spesso - mi prendeva la mano.

Poi. Poi una notte rientrai in tenda (era quasi l'alba) e mi addormentai subito.
Poche ore dopo un mio amico mi svegliò di soprassalto e mi disse: "Guarda che sta partendo".
Mi precipitai verso il camper che era già in movimento. Lei scese e mi guardò in silenzio.
Dopo qualche istante (e qualche lacrima di entrambi) mi disse:
"Non ti avevo avvertito della partenza per non farti soffrire. Grazie.". Non ebbi la forza di dire nulla.

Cercai di avere un recapito, un telefono, ma lei mi negò tutto.
"La nostra storia vive e resta qui, altrimenti la sciuperemmo.", furono le sue ultime parole.
Restammo abbracciati ancora un momento. Poi lei salì in camper e andò via.

Rientrato qualche giorno dopo a casa, mia madre mi disse:
- Tutto bene ?! Ti vedo strano.
- Nulla. Tutto normale.








lunedì 1 luglio 2013

terra dei fuochi


Anni fa mi sono occupato, su base volontaria e non professionale, di capire cosa succedeva nel terriotrio nel quale vivo. 
Assieme ad altri amici, volevamo capire se il nostro territorio ci apparteneva (appartiene) ancora. Volevamo capire se quella strana e triste concentrazione di malattie e morti era (è) una fatale casualità o c’era (c’è) un rapporto di causalità tra azioni nascoste. Volevamo capire se almeno chi ci rappresentava (rappresenta) fosse al corrente di ciò che era (è) il nostro passato per rivolgersi al nostro futuro.
Non voglio postare le presentazioni, le interpellanze, le interrogazioni: sarebbe inutile. È tutto chiaro.

Facemmo ricerche e queste furono le nostre fonti (in aggiunta a ricerche in proprio):
  • Documento del Servizio di Statistica Regionale dalla Regione Campania, Anno XVI, Nr.11, Novembre 2003. 
  • Dati Ufficiali del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 30 Aprile 2004 in risposta ad una nostra interrogazione. 
  • Prometeo 2001: Atlante della Sanità Italiana 
  • Relazione sullo Stato di Salute e sull’Utilizzo dei Servizi Anno 2003 – ASL NA 4 
Riporto solo un dato ed una diapositiva.
Dall'analisi per causa di morte per tumori (per gli anni 1996-1998), la ASL NA 3 risultò la prima in Italia  (189 posto su 189) - Fonte Prometeo

Rubens, Saturno che divora suo figlio
Informammo le autorità, le ASL competenti, ma fummo avvolti da un silenzio impenetrabile e subdolo. 
Prima ci dissero che avrebbero fatto, avrebbero detto. Poi ci dissero che eravamo terroristi 'ambientali', che non potevamo diffondere quei dati, che non avevamo i titoli per analizzare quei numeri. Si preoccuparono del dito, invece di guardare la luna.
Nel frattempo ancora ci vogliono imporre inceneritori e ci sono prefetti che sbeffeggiano i parroci. 
Di notte si continua a bruciare. 
Una volta era chiamata questa terra, la mia terra, campania felix.
Di una cosa sono certo: il problema rimarrà fino a quando non saremo capaci, noi del sud, di esprimere una classe dirigente che voglia e sappia difendere il territorio nel quale vive e vivono i suoi stessi figli.