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tutto sembra senza limite

"Poiché non sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile; però tutto accade solo un certo num...

venerdì 27 settembre 2013

poca voglia

Molte cose da dire.
Poca voglia di trovare le parole per raccontarle.
Meglio una foto.

domenica 22 settembre 2013

terra mia

Comm'è triste, comm'è amaro 
Assettarse pe guardà' tutt'e ccose 
Tutt'è parole ca niente pònno fa' 
Si m'accido ie agg'jettato chellu ppoco 'e libertà 
Ca sta' terra, chesta gente 'nu juorno m'adda da' 
Terra mia terra mia 
comm'è bello a la penzà' 
Terra mia terra mia 
comm'è bello a la guardà 
Nun è overo nun è sempe 'o stesso 
Tutt'e juornë po' cagnà' 
Ogge è deritto, dimane è stuorto 
E chesta vita se ne và 
'E vecchie vanno dinto a chiesa 
Cu' a curona pe' prià' 
E 'a paura 'e chesta morte 
Ca nun ce vo' lassà' 
Terra mia terra mia 
Tu si' chiena 'e libbertà 
Terra mia terra mia 
I' mò sento 'a libbertà.


rossa lava di fuoco (a. angelone)

Ci sono libri che sono difficili da definire. Questo è uno di quelli.

C'è l'area napoletana, famosa per le sue bellezze, dal Vesuvio a Sorrento, da Positano a Capri. Un fazzoletto d'Italia non grandissimo ma che offre sfumature indimenticabili di mare, di cielo e di verde, in qualsiasi stagione dell'anno.
Ci sono storie d'amore, di quell'amore struggente, oppure fugace, o ancora  preludio di vite ed esistenze nuove.
Ci sono ritagli storici, riferimenti alla cronaca civile, mondana e politica degli anni passati.
Ci sono volti noti, quelli più amati, quelli che hanno avuto la capacità ci concentrare l'attenzione dei media e il favore delle persone.
Ci sono episodi noti e meno noti delle vite di chi ebbe il coraggio di mettere l'amore al primo posto sfidando convenzioni e anche di chi si fece soggiogare da queste ultime perdendo banalmente l'ultima possibilità di essere felice. È all'apparenza una passeggiata nelle cronache rosa che invece maschera uno sguardo sull'amore e sul dolore, sentimenti che appartengono. Indagini meticolose, ricerche d'archivio, puntuali ricostruzioni storiche sono in qualche modo perfettamente integrate in scrittura rigorosa che non lascia trapelare alcun giudizio e che usa tutti i registri possibili. L'autrice si guarda bene dal formulare alcun giudizio e si preoccupa di dare al lettore la più nitida visione di certe storie che tutti conosciamo ma che andavano rivisitate nel profondo e soprattutto osservate con uno sguardo attento e amorevole.

Questo è un libro di amori e sull'amore. Ma ancora di più lo è sulle scelte che si fanno (o non si fanno) per quest'amore e che, nel bene e nel male, conducono la vita di ognuno di noi su certi binari.

È un libro che ci ricorda che baciarsi e amarsi a Punta Tragara in una notte stellata è facile.
Più difficile è amarsi come se si fosse sempre a Punta Tragara.

Ci sono libri difficili da definire, ma che hanno una propria bellezza interna e che si lasciano amare lentamente. Questo è uno di quelli.

Buona lettura

venerdì 20 settembre 2013

il commissario ricciardi (m. de giovanni)

Qualche anno fa la mia cara amica Geppina mi suggerì di leggere l'esordio letterario di un autore che, secondo lei, avrebbe fatto rumore e clamore. Sapendo che mi piacevano i gialli e le atmosfere noir, mi consigliò quello che sarebbe stato il primo libro della serie del Commissario Ricciardi.

È chiaro che ora è difficile parlare di un libro, di una serie di libri, che hanno avuto tanto successo, ma ho un legame forte e particolare con questi libri.

Potrei parlare del modo con cui personaggi sono descritti, di brani e passaggi che sembrano fotografie in bianco e nero, di una fase investigativa a dir poco suggestiva grazie a questo rapporto con le 'anime', ciò che viene definito il fatto.

Ma sostanzialmente mi restò un'idea fortissima in mente: Ricciardi è Napoli.
L'incarnazione cioè di un qualcosa che è ben lontano dallo stereotipo pizza, mandolino e anema' e core. Ma che invece è il rispetto per la diversità, la sospensione del giudizio, l'esercizio costante della pietà e della misericordia, la comprensione degli errori come parte di un'umanità in cui nessuno è senza peccato.
Sentimenti che a Napoli sono spesso mascherati dietro lo sberleffo, l'ostentazione e l'esternazione di certi atteggiamenti estremi,  come Pulcinella appunto.

Negli anni la città è cambiata, forse in peggio, ma nei racconti di De Giovanni si sente ancora il rumore, anzi il suono di quella città dove ora i munacielli, le anime, usanze antiche di tradizione millenaria, le stesse canzoni, sono spesso zittiti dal traffico, dai centri commerciali naturali, da una specie di movida continua.

Quel suono, secondo me molti lo portano ancora dentro. De Giovanni forse ne è un custode, tra gli ultimi. Ricciardi è la rivalsa di Napoli contro una presunta modernità che ne sta cancellando lentamente e inesorabilmente l'identità.

Se volete capire Napoli, partire dal Commissario Ricciardi.

Buona lettura






martedì 17 settembre 2013

fragile (sting)

If blood will flow when flesh and steel are one
Drying in the colour of the evening sun
Tomorrow's rain will wash the stains away
But something in our minds will always stay
Perhaps this final act was meant
To clinch a lifetime's argument
That nothing comes from violence and nothing ever could
For all those born beneath an angry star
Lest we forget how fragile we are

On and on the rain will fall
Like tears from a star like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are how fragile we are

On and on the rain will fall
Like tears from a star like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are how fragile we are
How fragile we are how fragile we are



domenica 15 settembre 2013

the kite (S. Heaney translated the ‘L’Aquilone’ by G. Pascoli)

L'originale l'avevo postata qui.
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There’s something new in the sun to-day – but no,
More like something old: at this distance even
I sense the violets starting to peep through

Beside the Convent of the Capuchins,
On the wood floor, between the stumps of oak
Where dead leaves shilly-shally in the wind.

A breath of mild air breathes, its little frolic
Cajoles hard clods, combs the yielding grass
Round country churches green up to the doorstep -

Air from another life and time and place,
Pale blue heavenly air that is holding up
A flotilla of white wings on the breeze –

The kites! Yes, it is! The kites! It’s that morning
And there’s no school and we’ve come trooping out
Among the briar hedges and the hawthorn.

The hedges bristled, shivered, spiky, stripped,
But autumn lingered in red clumps of berries
And spring in a few flowers, blooming white.

A robin hopped around the leafless branches.
In the ditch a lizard showed its darting head
Above dead leaves and vanished: a few scurries.

So now we take our stand, halt opposite
Urbino’s windy hill: each scans the blue
And picks his spot to launch his long-tailed comet.

And there it hovers, flips, veers, dives askew,
Lifts again, goes with the wind until
It rises to loud cheers from us kids below.

It rises, and the hand is like a spool
Unspooling thread, the kite a thin-stemmed flower
Borne far away to flower again as windfall.

It rises and it carries ever higher
The longing in the breast and anxious feet
And gazing face and heart of the kite-flier.

Higher and higher until it’s just a dot
Of brightness far, far up…But now a sudden
Crosswind and a scream…Whose scream was that?

Companions’ voices rise to me unbidden
And familiar, still the same old chorus
Of sweet and high and hoarse. And there isn’t,

My friends, one I don’t recognize, and yes,
Of us all, you in particular, who droop your head
On your shoulder and avert your quiet face,

You, over whom I shed my tears and prayed,
You who were lucky to have seen the fallen
Only in the windfall of a kite.

You were very pale, I remember, but had grown
Red at the knees from kneeling on the floor -
Raw from all that praying night and morning.

And ah, were you not lucky to cross over
With confidence in your eyes, and in your arms
The plaything that of all things was most dear.

Gently, I well know, when the time comes
We die with our childhood clasped close to our breast
Like a flower in bloom that closes and reforms

Its petals into itself. O you, so young, the youngest
Of my dead, I too will soon go down into the clay
Where you sleep calmly, on your own, at rest.

Better to arrive there breathless, like a boy
Who has been racing up a hill,
Flushed and hot and soft, a boy at play,

Better to arrive there with a full
Head of blond hair, which spread cold on the pillow
As you mother combed it, wavy and beautiful,

Combed it slowly so as not to hurt you.

venerdì 13 settembre 2013

una nuova direzione

Partiamo dal caso Amato. C'era una possibilità, ovvero che Amato rifiutasse. Non è l'unico che poteva sedere sulla poltrona che gli è stata offerta.
Ancora prima, Giorgio Napolitano avrebbe potuto declinare per il secondo mandato. Quelli che adesso hanno formato il governo delle "larghe intese" sarebbero stati inchiodati alle loro responsabilità.
Mancano in Italia figure che potevano occupare quella poltrona ? Non credo.
Sia chiaro che non esprimo giudizi di tipo politico (che pure ho) ma cerco di fotografare la situazione.

Provate la sera a seguire uno dei talk-show cosiddetti politici. Uno qualsiasi, non ha importanza. Mi raccomando togliete l'audio; solo così capirete tutto. Nessuno, con rarissime eccezioni, accenna a mettere in funzione il cervello. Ripetono frasi stantie e slogan desueti e insulsi. Manca qualsiasi tipo di argomentazione. Hanno gli occhi fissi, vitrei quasi.

Non ci vuole molto a dire delle cose semplici. Ne faccio una lista brevissima.

1) Berlusconi è stato condannato in via definitiva. Se in coscienza sente di essere innocente, dedichi i suoi sforzi da privato cittadino a provare a ribaltare le cose, senza ribaltare la giustizia e il paese. D'altronde ha avuto più di una possibilità come premier di cambiare sia il paese che la giustizia.

2) La situazione economica è disastrosa: in una famiglia si taglia tutto il superfluo per dare da mangiare ai figli e soprattutto ai più deboli. Invece il debito pubblico continua a salire e i privilegi non vengono toccati. La rimozione dei privilegi non risolverebbe il problema ma sarebbe un segno.

3) Se una banca riceve denaro all'1% di interesse deve cercare di metterlo in circolo tra le imprese e le famiglie che ne necessitano, limitando momentaneamente i profitti.

4) Un partito democratico, ma democratico veramente, ricomincia dai comuni, dai singoli cittadini a parlare una lingua nuova che cancelli lentamente un passato recente da dimenticare (MPS docet).

5) 5Stelle non può stare a guardare il lago di merda senza sporcarsi le mani. Per pulire bisogna metterci le mani, dentro.

6) Non lontano da dove vivo c'è un'area di 20 Km quadrati che è stata dichiarata morta. Le percentuali di mortalità e morbilità sono quelle che tutti conoscono. Allora - forse - è arrivato il momento che i ministri della salute rimuovano tutte le persone che negli anni hanno avuto responsabilità dirette e indirette. (Oggi sfogliavo "La banalità del male" di Hannah Arendt e pensavo proprio a come sia facile immergersi in una spirale che ti porta sempre più in basso.)

Mi fermo qui. Tutti ormai sappiamo tutto. Non c'è più bisogno neanche dei giudici. Ci basta il cielo stellato e la legge morale.

Bisogna dare voce a chi parla nuove lingue e ha nuovi occhi. Pensiamo solo a Papa Francesco: credenti o meno, ci si dovrà confrontare quotidianamente con quest'uomo che per me è veramente un segno dello Spirito Santo. 

Non pretendo di avere ragione, ma vorrei che i discorsi si affrontassero con un minimo di serietà tra coloro che hanno voglia di costruire, anzi ricostruire questo paese.

Abbiamo bisogno di andare in una nuova direzione.
Qualcosa c'è già e noi tutti, uomini e donne di buona volontà, dobbiamo far emergere la nostra volontà di cambiamento. Il cambiamento comincia quando qualcuno si rifiuterà di fare come si è sempre fatto.

"Grazie Presidente. Ma la poltrona di giudice costituzionale offriamola a qualcuno nuovo e preparato. Cosa ne pensa ?"

Tutti i grandi cambiamenti sono semplici.
(E. Pound)






giovedì 12 settembre 2013

onore (a. bergonzoni)


Ai caduti (in disgrazia), a chi resta in piedi grazie ai caduti, al vento che ti fa diventare, al sole e alle sue effusioni non nucleari, al nocciolo delle questioni, all’acqua che torna pianto, a chi cambia quello che c’è nel petto e non a chi ci mette sopra medaglie, all’arte (non di arrangiarsi), ai poeti che onorano il pare e l’amare.

lunedì 9 settembre 2013

bambino (a. merini)

Bambino,
se trovi l'aquilone della tua fantasia
legalo con l'intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
e portino la pace ovunque
e l'ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell'acqua del sentimento.

domenica 8 settembre 2013

l'aquilone (g. pascoli)

C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d'antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.

Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle quercie agita il vento.

Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch'erbose hanno le soglie:

un'aria d'altro luogo e d'altro mese
e d'altra vita: un'aria celestina
che regga molte bianche ali sospese...

sì, gli aquiloni! È questa una mattina
che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d'albaspina.

Le siepi erano brulle, irte; ma c'era
d'autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera

bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.

Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.

Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza.

S'inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.

S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo
petto del bimbo e l'avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.

Più su, più su: già come un punto brilla
lassù lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla?

Sono le voci della camerata
mia: le conosco tutte all'improvviso,
una dolce, una acuta, una velata...

A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! e te, sì, che abbandoni
su l'omero il pallor muto del viso.

Sì: dissi sopra te l'orazïoni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!

Tu eri tutto bianco, io mi rammento.
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.

Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!

Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore

ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch'io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto...

Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!

Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co' bei capelli a onda

tua madre... adagio, per non farti male.

venerdì 6 settembre 2013

la solitudine (f. de andré)

La solitudine non esiste; nel senso che la solitudine non consiste nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia. 
Chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri. 
Ecco perché si può essere soli in mezzo a mille persone, ecco anche perché ci si può trovare in compagnia di se stessi ed essere felici, per esempio ascoltando il silenzio, stretto parente della solitudine. Ma il silenzio vero non esiste, come non esiste la vera solitudine. 
Basta abbandonarsi alle voci dell'Universo.

giovedì 5 settembre 2013

Lettori si nasce o si diventa ?

Seguo un blog molto ben fatto e interessante di Patrizia La Daga, dedicato ai libri e alla letteratura in generale; è un blog poco ingessato e molto dinamico. Molti temi importanti sono trattati con una leggerezza particolare.
Patrizia (twitter: @patrizialadaga) ha lanciato una provocazione molto interessante chiedendo risposta sul fatto che si nasca o si diventi lettori, riprendendo il quesito da altri blog.

"Ciascuno degli amici blogger citati, grandi appassionati di letteratura, ha raccontato la propria esperienza, cercando di ricordare il momento in cui il libro è passato dall’essere un oggetto incomprensibile e forse un po’ noioso a un amico inseparabile."

Non ho risposte alla domanda fondamentale, ma posso raccontare questo mio personale passaggio. 
Ho vissuto in un appartamento molto bello (ma piccolo per il numero di componenti familiari) per più di 18 anni. L'unica stanza della casa in cui era possibile avere una libreria era lo studio di mio padre. Questi aveva fatto trasformare un'intera parete in una libreria laccata verde incassata nel muro attorno ad una finestra. Sotto la finestra c'erano dei piccoli scaffali per ospitare I Maestri del Sapere (quei piccoli libri verdi che qualcuno ricorda); ai lati c'erano i libri che leggeva lui e qualche Enciclopedia.
Fino alle elementari la mia lettura preferita era Topolino però passavo ore a capire in alcuni di quei libri cosa ci fosse. L'attrazione forte era per l'Enciclopedia della Scienza e della Tecnica Mondadori. Volumi pesantissimi e perfettamente incomprensibili. 

Lentamente iniziai a leggere qualcosa di semplice (o almeno ritenevo così) e il primo ricordo di lettore è "I Tre Moschettieri". L'avventura, le spade, la regina, l'onore, il patto, l'amicizia,  . . . un mondo nuovo si apriva.

Alla prima Comunione avendo capito che avevo voglia di leggere, mi regalarono una collezione completa di classici: Robinson Crusoe, David Copperfield, L'isola del tesoro, Ventimila leghe sotto i mari, Dr. Jekyll e Mr. Hyde, . . .
Ho letto ininterrottamente quei libri per mesi. Mi sembrò di fare un viaggio nel tempo e nello spazio. Non ho più smesso.
Come premio, poi, per la licenza media i miei genitori mi regalarono una Lettera 35 con la quale subito mi misi all'opera per scrivere romanzi,  fondare giornali e dirigere studi enciclopedici.
Non ho avuto grandi maestri nei cicli scolastici ma ho avuto ed ho amici e persone che scrivono e che hanno fatto della letteratura un punto centrale della loro vita. Mi basta leggerli e/o ascoltarli.
Alcune precisazioni finali: la libreria laccata verde, la Lettera 35 e l'Enciclopedia della Scienza e della Tecnica sono ancora con me :)

martedì 3 settembre 2013

la moda è ciò che passa di moda

"E quello che non potrò mai cambiare, più che la paura del debutto, sono la tristezza e il vuoto della fine - immagino sia la stessa cosa che succede quando si scrivono libri -, ma quando tutto è finito, e l'ultimo spillo è stato appuntato, mi sento orfano. Tutte le tue idee sono passate e andate; spariranno come quelle di prima e di dopo. Non resterà niente di tutti questi sforzi, di tutte queste notti in bianco... E' doloroso. Dare la vita a cose che non vedremo più e la cui stessa essenza è quella di svanire. La moda è ciò che passa di moda."

Brano dell'intervista di Francoise Sagan a Yves Saint Laurent  (1969) contenuta nel libro "Il tubino nero".

domenica 1 settembre 2013

manifesto dell'essere (e. fromm)

Riprendo da qui una riflessione tratta da Erich Fromm, Avere o Essere (1976)

La sua proposta trascende ogni ideologismo religioso o politico; con pazienza analitica e semplicità espositiva, Fromm stila un elenco delle caratteristiche che deve riscoprire l’Uomo se vuole continuare a vivere nel rispetto di se stesso e della Terra:
  • Disponibilità a rinunciare a tutte le forme di avere, per essere senza residui.
  • Sicurezza, sentimento di identità e fiducia fondati sulla fede in ciò che si è, nel proprio bisogno di rapporti, interessi, amore, solidarietà con il mondo circostante, anziché sul proprio desiderio di avere, di possedere, di controllare il mondo, divenendo così schiavo dei propri possessi.
  • Accettazione del fatto che nessuno e nulla al di fuori di noi può dare significato alla propria vita, ma che questa indipendenza e distacco radicali dalle cose possono diventare la condizione della piena attività volta alla compartecipazione e all’interesse per gli altri.
  • Essere davvero presenti nel luogo in cui ci si trova.
  • La gioia che proviene dal dare e condividere, non già dall’accumulare e sfruttare.
  • Amore e rispetto per la vita in tutte le sue manifestazioni, con la consapevolezza che non le cose, il potere e tutto ciò che è morto, bensì la vita e tutto quanto pertiene alla sua crescita hanno carattere sacro.
  • Tentare di ridurre, nel limite del possibile, brama di possesso, odio e illusioni.
  • Sviluppo della propria capacità di amare, oltre che della propria capacità di pensare in maniera critica senza abbandonarsi a sentimentalismi.
  • Capacità di rinunciare al proprio narcisismo e di accettare le tragiche limitazioni implicite nell’esistenza umana.
  • Fare della piena crescita di se stessi e dei propri simili lo scopo supremo dell’esistenza.
  • Rendersi conto che, per raggiungere tale meta, sono indispensabili la disciplina e il riconoscimento della realtà di fatto.
  • Rendersi inoltre conto che una crescita non è sana se non avviene nell’ambito di una determinata struttura, ma in pari tempo riconoscere le differenze tra la struttura intesa quale un attributo della vita e l’”ordine” inteso quale un attributo della non vita, di ciò che è morto.
  • Sviluppare la propria fantasia, non come una fuga da circostanze intollerabili, bensì come anticipazione di possibilità concrete, come un mezzo per superare circostanze intollerabili.
  • Non ingannare gli altri, ma non lasciarsene neppure ingannare; si può accettare di essere definiti innocenti, non ingenui.
  • Conoscere se stessi, intendendo con questo non soltanto il sé di cui si ha nozione, ma anche il sé che si ignora, benché si abbia una vaga intuizione di ciò che non si conosce.
  • Avvertire la propria identità con ogni forma di vita, e quindi rinunciare al proposito di conquistare la natura, di sottometterla, sfruttarla, violentarla, distruggerla, tentando invece di capirla e di collaborare con essa.
  • Far proprio una libertà che non sia arbitrarietà, ma equivalga alla possibilità di essere se stessi, intendendo con questo non già un coacervo di desideri e brame di possesso, bensì una struttura dal delicato equilibrio che a ogni istante si trova di fronte alla scelta tra crescita o declino, vita o morte.
  • Rendersi conto che il male e la distruttività sono conseguenze necessarie del fallimento del proposito di crescere.
  • Rendersi conto che solo pochi individui hanno raggiunto la perfezione per quanto attiene a tutte queste qualità, rinunciando d’altro canto all’ambizione di riuscire a propria volta a “raggiungere l’obbiettivo”, con la consapevolezza che un’ambizione del genere non è che un’altra forma di bramosia, un’altra versione dell’avere.
  • Trovare la felicità nel processo di una continua, vivente crescita, quale che sia il punto massimo che il destino permette a ciascuno di raggiungere, dal momento che vivere nella maniera più piena possibile al singolo è fonte di tale soddisfazione, che la preoccupazione per ciò che si potrebbe o non si può raggiungere ha scarse possibilità di rendersi avvertita.

Molti psicologi e psichiatri rifiutano l’idea che la società 
nel suo insieme potrebbe essere malata. Assumono che il problema 
della salute mentale in una società è solo quello degli individui «inadeguati» e non 
quello di una possibile inadeguatezza della cultura stessa.
E. Fromm da The Sane Society (1955)