C’è stato un momento nella mia vita in cui non ho capito
nulla. Avevo all’incirca 25 anni.
Non ero più capace di capire che
cosa mi stava succedendo: era una trasformazione radicale; solo più tardi ne avrei
capito l’importanza e la portata.
Una storia, dietro e dentro di me si chiudeva,
in modo doloroso e sofferto. Un’altra mi aspettava, bella e profonda (ed ancora
vive) ma io non potevo saperlo.
Cercavo una definizione di me, di ciò che avesse priorità,
di come ero io nel mondo; volevo confidarmi e confrontarmi con qualcuno. Gli
amici del liceo erano ormai lontani e forse anch’essi impegnati in altre
vicende importanti. Mio fratello e mia sorella, più piccoli, erano anch’essi
immersi nel loro quotidiano crescere e maturare per diventare persone adulte e consapevoli.
Cercavo una sorella maggiore; qualcosa in più di un’amica che
non spiegasse ma indicasse le strade possibili, gli scenari che si aprivano
davanti a me e tra i quali avrei dovuto e potuto scegliere. E quindi, quasi
come una magia, mi sono ritrovato le canzoni di Fiorella Mannoia, conficcate direttamente
nel cuore.
Non sono mai stato il classico fan. Quello esagerato che segue tutti i
concerti, che compra tutti i dischi, che sa tutto della vita
privata. In un certo senso, non mi hanno mai interessato questi aspetti.
M’interessava solo salire in macchina - quando ero
maggiormente confuso, disorientato - ed accendere lo stereo per ascoltarla. Da
solo, in viaggio, con la sua voce: non desideravo altro.
Certo avevo le cassette dei miei preferiti Lucio Battisti,
Pino Daniele, Ivano Fossati, Antonella Ruggiero, …. Ma in pratica ascoltavo
solo lei. E mentre l’ascoltavo, le parlavo.
Le parlavo dentro di me certo, altrimenti avrei avuto dubbi
sulla mia sanità mentale, ma le parlavo appunto come si fa come una sorella,
alla quale basta poco per confidare una debolezza, un’indecisione, lo struggimento
di chi guarda la vita da un angolo sconosciuto fino a quel momento. Offrivo quella
vulnerabilità che mi contraddistingueva e che mascheravo perché non fosse
offesa.
Un dialogo immaginario, questo è sicuro, e come poteva
essere altrimenti. Ma tra i miei pensieri e certe sue canzoni, – e mi spingo
oltre – certe sue interpretazioni, c’era e c’è ancora una perfetta
corrispondenza.
Mi sentivo come se qualcuno mi avesse – finalmente - radiografato
l’anima.
Di più e meglio non saprei dire.
Ora che ho (manca poco)
25x2 anni le dico solo grazie.
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