Appena finito le scuole medie, i miei genitori decisero che - dopo Topolino - con i fumetti si poteva chiudere. Libri in quantità ma i fumetti erano considerati una non-letteratura, uno spreco di tempo, una cosa inutile in buona sostanza. Da allora non ho fatto altro che aspettare il momento in cui certe cose si sarebbero potute sciogliere con l'indipendenza economica.
Leggevo ovviamente Intrepido, Monello, Eternauta (collana Lancio), e poi di seguito Dylan Dog, Nathan Never, . . . ma erano prestiti. Leggevo Totem e Metal Hurlant, da un mio amico architetto che gentilmente non diceva nulla del fatto che andassi da lui solo per leggere queste
bande dessinée, che si faceva portare dalla Francia.
Col primo lavoro realizzai il sogno. Ho comprato subito la collezione dei primi 10 numeri dei supereroi Marvel più famosi, volumi brossurati in rosso. Poi proseguii con Corto Maltese, hard-cover: una goduria.
E poi ancora, Maus di Spiegelman, Moebius, Myazaki, i manga, Watchmen, V for Vendetta.
E finalmente, mi sono riappropriato del mio sogno: Batman.
Batman ha una storia editoriale, in Italia, abbastanza lunga e complicata e non è il caso di ripeterla. L'ho seguita per un certo tempo, ma qui mi riferisco qui al Cavaliere Oscuro di Frank Miller.
Ho difficoltà a riportare ciò che provai nella prima lettura. Bruce Wayne è un personaggio dolente, affaticato, che commenta con una lucidità sovrumana (questa sì) il suo essere uomo, semplicemente uomo, in una società dove l'umanità sembra smarrita, scomparsa. Il racconto è sconvolgente. Anticipa di anni i disastri della società in cui viviamo e la desolazione di un uomo, preparato atleticamente, più che benestante, eticamente non irreprensibile, purtroppo preda di se stesso, delle sue paure.
Tutti i
villain più importanti sono citati ed il Joker è una figura a suo modo indimenticabile. Ricorda continuamente a Batman quel loro intimo legame che definisce l'uno dove l'altro si perde.
Batman è stanco, arrabbiato e demotivato, quasi addirittura impotente con l'impotenza di chi sa che 'anche gli dei lottano invano contro la stupidità'.
Batman è una figura controversa come sempre, con i suoi rapporti irrisolti con i primi due Robin, con il suo legame mai risolto con la morte dei genitori; sa però che solo al profondo di sé avrebbe potuto ritrovare il filo di un'esistenza atipica, ma pur sempre umana.
Miller contrappunta la sceneggiatura principale con un secondo livello di tavole in cui degli schermi televisivi trasmettono in tempo reale gli eventi, con sondaggi di opinionisti tuttologi, previsioni meteo incessanti e telegiornali eterni. Ricordo che il lavoro è apparso nel 1986. C'è anche un attacco alle Torri Gemelle di Gotham con elicotteri.
Ogni capitolo è a suo modo memorabile, ma quello finale nel quale c'è lo scontro con Superman è veramente epico. Si combattono due super-eroi, anzi i più antitetici:
the man of steel - invincibile, indistruttibile, lo strenuo difensore della bandiera a stelle e strisce - lotta furiosamente con un uomo pipistrello che solo con ore di palestra, arti marziali e gadget super-teconologici è capace di provare a battersi. In mezzo c'è una testata nucleare che sta per esplodere.
Non posso raccontare nulla di più ovviamente. Chi leggerà, capirà.
Ma questo Dark Knight mi ha insegnato molto sul significato di parole come dignità, onore, rispetto e amicizia. Mi ha anche dato una visione del mondo che non avevo.
The Dark Knight è in buona sostanza una visione profetica sugli anni a venire, gli anni che viviamo ora. E io amo i profeti, specie se hanno un mantello scuro e una maschera sul viso.