Indubbiamente se ne discuterà a lungo. E sinceramente lo spero. Sono episodi gravi e forti che rappresentano occasioni uniche di riflessione e analisi per il futuro.
Speriamo anche che portino a una sintesi.
Sarri ha fatto notevoli errori: i due più gravi sono le offese e il successivo tentativo di minimizzare adducendo giustificazioni ('sono cose che devono restare in campo') che sono suonate peggio delle stesse offese. A sua, minima discolpa, le scuse private e pubbliche che ha formulato rendendosi conto dell'eccesso nel quale era caduto.
Il ditino alzato e le lezioni di moralità sono però insopportabili, così come le difese 'a prescindere' di Sarri, sia ben chiaro. Articoli gramelliniani, severgniniani si sono subito levati per stigmatizzare, evidenziare, sottolineare quello che si deve e non si deve fare. Tanto tra una quindicina di giorni tutto è passato.
Il calcio è un sport nel quale, nella massima divisione, in una partita in cui il Napoli non giocava, si levano cori contro il Napoli e i napoletani.
C'è un presidente federale che usa termini particolari, definirli offensivi sarebbe già sminuirli.
Ma ciò va avanti da anni. Scommesse, traffici di giocatori e plus-valenze, iscrizioni a bilancio gonfiate ad arte, genitori che nella partite dei bambini picchiano l'arbitro, ...
Non giustifico nulla, sia chiaro e direi le stesse cose se il fatto fosse successo a Voghera con l'allenatore del Voghera.
Non mi pare però che ci sia qualcuno degli addetti ai lavori (inclusi i giornalisti) che possa vestirsi d'autorità e dire di ad un altro cosa sia giusto o sbagliato.
La ricetta per me è sempre stata una soltanto: blocco totale delle attività calcistiche per un anno (come minimo) e riorganizzazione complessiva.
Ma mi accontenterei che Sarri e Mancini si stringessero pubblicamente la mano e dessero vita ad una fondazione contro le discriminazioni nello sport. Che ingenuo che sono, vero ?
venerdì 22 gennaio 2016
giovedì 21 gennaio 2016
con un buco nel cuore (s. perugini)
Apparentemente è il diario di una diagnosi, della preparazione, dell'intervento operatorio e della fase di convalescenza dell'autrice che si sottopone ad un intervento al cuore.
Come tutti i diari è frammentato, discontinuo, senza una forma ricercata, imposta dalla scrittura. Ma come tutti i diari, presenta delle crepe, delle fessure attraverso le quali si può vedere qualcosa in più.
Ci sono dei momenti di assoluta comicità in cui, Pag. 98 ad esempio, si parla di fidanzati e poi due righe dopo di un ex. Sorge spontaneo chiedersi la differenza quale sia ! Nella stessa pagina si parla di un lutto atroce, il più grande che un padre possa avere. I registri si alternano come se la scrittura dovesse riflettere questo continuo succedersi di pensieri. La pagina in cui Saša racconta del marito e della sua scelta di re-iniziare con lei a camminare è davvero commovente, così il suo guardarsi e raccontare/rsi le ferite è molto particolare, intenso.
C'è lei che ricorda la sua infanzia, la perdita prematura del padre, gli USA, il rapporto con la madre; c'è molto ma in un misura che consente empatia senza entrare in un dettaglio che sarebbe invasivo e forse inutile. Ci sono infine, e questo non deve essere sottovalutato, la compassione e la sincera partecipazione per chi in un ospedale si reca per cose più gravi in un confronto che riduce naturalmente la tendenza del proprio ego a occupare tutti gli spazi possibili.
"L'unica foto di me che c'è in tutta la casa.": pag.132, la felicità è una lastra del torace appesa come una opera della pop-art. Bellissima.
Buona lettura.
Con un buco nel cuore: è qui.
Non saprei dire quanto questo effetto sia voluto e quanto invece si proprio il risultato della scrittura stessa che libera energie e memorie sopite.
Si parlava con Saša dell'imprevedibilità di certe diagnosi e di come possano spalancare abissi inattesi. Nel mio caso si è trattato di un qualcosa preso sul nascere e quindi di impatto veramente minimo. Nel suo caso invece, il cuore si è dovuto aprire in tutti i sensi. Lei si è posta con la massima razionalità possibile di fronte al percorso che l'attendeva ma nel diario è evidente questa costante ma decisa azione contraria, in cui il raziocinio lascia pian piano il campo a qualcosa di più dolce che non è rassegnazione ma la consapevolezza che il controllo assoluto non esiste.
Ci sono dei momenti di assoluta comicità in cui, Pag. 98 ad esempio, si parla di fidanzati e poi due righe dopo di un ex. Sorge spontaneo chiedersi la differenza quale sia ! Nella stessa pagina si parla di un lutto atroce, il più grande che un padre possa avere. I registri si alternano come se la scrittura dovesse riflettere questo continuo succedersi di pensieri. La pagina in cui Saša racconta del marito e della sua scelta di re-iniziare con lei a camminare è davvero commovente, così il suo guardarsi e raccontare/rsi le ferite è molto particolare, intenso.
C'è lei che ricorda la sua infanzia, la perdita prematura del padre, gli USA, il rapporto con la madre; c'è molto ma in un misura che consente empatia senza entrare in un dettaglio che sarebbe invasivo e forse inutile. Ci sono infine, e questo non deve essere sottovalutato, la compassione e la sincera partecipazione per chi in un ospedale si reca per cose più gravi in un confronto che riduce naturalmente la tendenza del proprio ego a occupare tutti gli spazi possibili.
"L'unica foto di me che c'è in tutta la casa.": pag.132, la felicità è una lastra del torace appesa come una opera della pop-art. Bellissima.
Buona lettura.
Con un buco nel cuore: è qui.
lunedì 11 gennaio 2016
lazarus / bowie
Look up here, I'm in heaven
I've got scars that can't be seen
I've got drama, can't be stolen
Everybody knows me now
Look up here, man, I'm in danger
I've got nothing left to lose
I'm so high, it makes my brain whirl
Dropped my cell phone down below
Ain't that just like me?
By the time I got to New York
I was living like a king
Then I used up all my money
I was looking for your ass
This way or no way
You know I'll be free
Just like that bluebird
Now, ain't that just like me?
Oh, I'll be free
Just like that bluebird
Oh, I'll be free
Ain't that just like me?
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