Ogni anno per circa tre mesi e mezzo si ripete la stessa cosa.
Sono mesi in cui ho praticamente lezione ogni mattina, due o quattro ore; il pomeriggio è dedicato alla preparazione delle lezioni, alle decisioni su come impostare gli argomenti, alla definizione di eventuali esercizi ed alla loro correzione.
Un'immersione totale nella didattica e nei metodi della didattica.
Poi arriva il giorno come questo, in cui si chiudono i corsi. Guardo le coorti (le chiamano così adesso) a cui ho fatto lezione e comincio a farmi le stesse domande.
Avranno capito qualcosa ?
Sarò stato in grado di porre bene i concetti più difficili ?
Avranno ben chiaro lo sviluppo complessivo degli argomenti ?
E gli esercizi saranno stati sufficienti a esplicitarne gli aspetti più complicati ?
Mi lascio la porta alle spalle ed esco dall'aulario con il mio carico di domande.
So bene che dei buoni risultati d'esame non garantiscono nulla in termini di crescita umana e professionale: sono stato studente anch'io. So bene che i formulari sul docente per come e quando vengono somministrati non hanno molto valore, nel bene e nel male: i giudizi devono essere dati al tempo e nel modo giusto.
So bene che ci sono cose che non possono essere misurate sempre e comunque. Come ad esempio la maturazione di un gruppo di ragazzi rispetto a certe discipline: questa potrà dare frutti (ed essere valutata) molto più avanti ed è lì che si capirà se e quanto sono stato capace di trasferire certe conoscenze e di far 'appassionare' su certi temi.
L'università dovrebbe allenare il pensiero e non (o non soltanto) fornire procedure e percorsi pre-confezionati.
Mentre raggiungo il mio studio faccio un viale abbastanza lungo. Incontro un gruppo di studenti. Mi sorridono e sono ricambiati.
Forse anche quest'anno sono riuscito a fare qualcosa di buono.