giovedì 24 aprile 2014

Pino Daniele (English Version)

A sunday of many years ago , Renzo Arbore announced for that episode of his TV show ("L'Altra Domenica", Rai 2) the debut of a young Neapolitan singer. This strange man, without many words, picked up his guitar in hand and sang "Na ' tazzullela ' and cafe ."
It was an emotional earthquake for all young Neapolitans like me.

He was on his second album, but the appearance marked the emergence of a new music and it  confirmed the Arbore expertise and skill. The term 'new music' is not a coincidence because there was (still is) the experience of the Nuova Compagnia di Canto Popolare and then just Musicanova: they were both rooted in the research of the ancient music interpreted in a modern key.
Today it would be called world music.
We had only classical singer with classic songs belonging to the classical tradition.
We did not know that our music could be connected to some musical passages.
We did not understand that it was possible to sing in Neapolitan without using stereotypes, and to include social protests never neglecting a certain degree of melodies, conceived in a modern sense.
It was an epiphany of the modern music we were expecting, not only in Naples.

The songs from the first album, "Terra mia", were shocking: they upturned the way in which we hear Italian and Neapolitan music.
The next three albums were the link between tradition and modernity musical understandings at the international level. We loved the intersection among rock, blues. jazz and our melodies of the past.

Pino Daniele (Pinuccio, as we called him between us) was able to fracture a stagnant landscape but he was also able to (re)build a collective musical knowledge.
The nicest thing was then to know that Pinuccio was receiving a growing success throughout Italy, and soon became the artist we all acknowledge now.

His personal evolution led him to play and sing with and for the greatest musicians and performers and to become a producer too.
But that Sunday was truly a different Sunday .

I could not do a ranking of my favorites: surely these two are among those that go deeper....




gli ultimi

Non credo Tosi sia una persona approssimativa o ottusa, anzi. L'ho ascoltato spesso e mi sembra una figura di amministratore capace e consapevole. Allora, mi chiedo, da dove nasce questo accanimento contro chi non è in condizione di provvedere a se stesso o addirittura, contro chi vorrebbe vorrebbe aiutare.
Posso immaginare che sia fastidioso passeggiare con persone che chiedono continuamente l'elemosina o altro: ma di fronte a me ho persone, questo non dovrei dimenticarlo.
Posso immaginare che Tosi abbia pensato all'effetto della sua misura, e l'abbia proposta quindi per disincentivare certe pratiche, ma l'economia non si applica agli esseri umani.

Ciò che è profittevole potrebbe essere umanamente disdicevole o addirittura riprovevole.

Dovrei invece preoccuparmi del perchè ci sono tante persone che si trovano in condizioni diverse dalla mia. Parlo proprio di me, che ho una famiglia, un lavoro, una casa e soldi sia per il sostentamento sia per gli svaghi e infine non ho disabilità.

Non tutti dobbiamo/possiamo diventare il buon samaritano ma la preoccupazione non dovrebbe essere per il fastidio ma dovrebbe essere orientata a capire per quale motivo la persona che mi chiede l'elemosina si è ridotta o è stata ridotta in questo stato.

A Verona come a Napoli o a Catania, le persone sono tutte uguali. A livello personale e istituzionale il nostro agire dovrebbe essere orientato all'equità sociale, al garantire dei requisiti minimi di sufficiente sostentamento.

Domani potrei essere io l'ultimo, ovvero il disabile, il derelitto, il lebbroso.
Non c'è bisogno di essere cristiani per capire che gli ultimi siamo noi.

Argomento lungo e spinoso, ma in fondo la domanda a cui dobbiamo rispondere è semplice.
Al centro della nostra vita cosa/chi mettiamo ?


Giustizia è riportare tutte le cose al loro senso. 


Il bene, per me, può essere soltanto un'altra persona. Che cos'altro potrebbe essere?
I. Illich 



lunedì 21 aprile 2014

generatività

Nell'ultimo anno ho fatto un percorso personale, ho percorso una strada autonoma alla ricerca di certe risposte. Chi segue questo piccolo blog sa di cosa parlo.

Ho iniziato con E. Fromm e la sua ben nota distinzione tra avere o essere, sono passato attraverso la liquidità di Z. Bauman e certi articoli di giornale come quello di S. Settis, non dimenticando alcune considerazioni di amici tuitteri che non potevano essere sottovalutate.
Ho riletto alcune cose che appartengono alla teologia della liberazione dal momento che l'arrivo di un papa sudamericano è stato esso stesso un segno notevole di un mutamento, per quanto credente ateo ognuno di noi possa essere.

Mi sono avvicinato da tempo a queste letture sociologiche e antropologiche, perchè alla fine dei miei studi vivevo in un paese in cui, nonostante i gravi problemi, c'erano delle regole e c'erano degli obiettivi. Si capiva che il paese aveva tra i suoi obiettivi il benessere comune.

Poi tutto si è disgregato, lacerato. Come se tutto e tutti fossimo diventati luoghi e persone senza più alcuna manutenzione.  Tutto è diventato eticamente ed esteticamente brutto.

Le analisi varie che venivano formulate erano tutte coerenti ma allo stesso tempo insufficienti, perchè il degrado era stato più veloce della stessa capacità di analisi. E ciò allontanava ancora di più la possibile sintesi. Quella sintesi che era ciò che io cercavo.

Anche negli scambi su tuitter, dove leggo molti spunti interessanti, sono tutti bravi a formulare commenti sarcastici, precisi, netti; tutti perfetti nel criticare ma raramente si trova un accenno alla possibile soluzione, ad una possibile reazione. Voglio troppo ?
Forse, ma ritengo che se esiste una sintesi, questa si debba manifestare sempre e dovunque.

Ebbene questa sintesi l'ho trovata in questo libro, ma ancor di più nel libro di Mauro Magatti e Chiara Giaccardi che ne è la naturale estensione. La risposta ai mali della moderna società occidentale, ma in breve varrà per tutti i paesi che adotteranno una schema post-capitalistico, viene suggerita in una 'generatività' che diventa, dovrebbe diventare, lo standard di una società nuova che rimetta al centro la persona, il suo essere e la sua capacità di modificare sè e il suo ambiente circostante senza il corto circuito 'potenza-volontà di potenzà'. Il narcisismo contemporaneo, di cui aveva parlato Roberto Cotroneo qui, è il naturale risultato di persone che hanno smarrito la direzione del sè e vanni invece verso quella immagine propria che altri hanno suggerito e proposto. I modelli estetici, etici e comportamentali vengono diretti verso forme di omologazione sempre più subdole spesso difficili anche da identificare perchè la stessa riflessione sulla propria vita richiede tempi e modi ostacolati dalla  routine quotidiana.

Credo che il percorso che da Fromm mi ha portato alla generatività attraverso Freire sia in realtà una strada maestra del nostro vivere contemporaneo e che rappresenti l'unica via possibile alla crisi che stiamo attraversando. Il lavoro di Mauro Magatti e Chiara Giaccardi è il risultato di uno studio lungo e articolato che si declina poi nell'arte, nell'impresa, nella sociologia, nell'economia e nell'educazione. La potenza della generatività è notevole soprattutto se, come spero, diverrà un tendere comune verso certe istanze di rispetto di sé e degli altri che ci dovrebbero essere care come persone libere.

La cosa che ho amato di più in questo libro è il fatto che la generatività agisce su scale diverse. Si muove dall'individuo e va verso una società. Può motivare scelte personali, come l'adozione di un bambino; può sostenere altresì  uno schema macro-economico in cui i profitti aziendali diventano una componente, non l'unica, di un successo d'impresa.

Non a caso il sottotitolo ha in sé la parola manifesto: questo contributo non è solo un'analisi precisissima e lucida su ciò che siamo diventati ma propone una sintesi e una risposta ai mali dell'oggi verso un futuro diverso. Un futuro nel quale, in assenza di rimedi e di contromisure,  non si spezzeranno le catene virtuali che noi stessi ci siamo costruiti

Buona Lettura.

PS: Altro sul progetto complessivo della generatività è qui: http://www.generativita.it.

domenica 20 aprile 2014

#tmente

Il mio amico @giulicast (Giuliano Castigliego) ha immaginato e lanciato un hashtag su twitter, giusto una settimana fa, denominato #tmente che è l'acronimo di turbata mente.

Nella sua idea iniziale, questo esperimento twittero doveva servire a delineare il rapporto tra il disagio mentale e l'arte e a evidenziare i rapporti privilegiati tra questi due mondi.

Giuliano aveva trovato un canovaccio da seguire, appoggiato ad un favola molto bella che qui riporto.

Storia del re Ofioch e della regina Liris 
Tanto tempo fa nel prospero regno di Urdar regnava il re Ofioch, che però era tanto malinconico e questa sua malinconia gravava su tutto il regno. Nessuno ne capiva niente, men che meno i ministri, che pensarono di curare il re dandogli una sposina buona, bella e allegra. La trovarono nella principessa Liris, figlia di un re vicino. La principessa Liris, al contrario del re Ofioch, era sempre allegra, ma d'una allegria fasulla di cui nessuno riusciva a capire la causa. Qualunque cosa capitasse, lei rideva sempre, come se non vedesse nulla di quel che le succedeva davanti agli occhi. Le nozze vennero celebrate, ma non portarono i miglioramenti sperati, il re era sempre più cupo e la regina non faceva che fare merletti al tombolo con le sue dame ridendo e irritando oltremodo il consorte. Un giorno, mentre era a caccia, re Ofioch per errore colpì con la sua freccia il mago Ermodio, che era in cima a un'alta torre nel fitto di un bosco e immerso in un sonno millenario. Il re pensò d'essere spacciato, ma invece Ermodio lo ringraziò per averlo destato dal lungo sonno. Disse che finalmente sarebbe tornato nell'Atlantide, ma che dopo tredici lune gli avrebbe lasciato un dono che avrebbe reso felice lui e la regina Liris: un cristallo. Perché il pensiero uccide l'intuizione, ma l'intuizione sarebbe tornata a splendere come figlia del pensiero. Re Ofioch però non ne trasse alcun giovamento e, più cupo e mesto che mai, fece iscrivere su una lapide la frase “il pensiero distrugge l'intuizione” e si mise a contemplarla meditandoci su notte e giorno. Un giorno la regina Liris capitò nella stanza dove re Ofioch meditava e, vista la lapide, smise di ridere e si sedette accanto a lui. Immediatamente i due regali consorti si addormentarono, ma il consiglio di stato riuscì a organizzare le cose in modo che nessuno si accorgesse che il monarca dormiva.

Tredici lune dopo, come aveva detto, il mago Ermodio tornò a Urdar con una stella scintillante che, fondendo gli spiriti elementali della terra, dell'aria, dell'acqua e del fuoco, trasformò in un meraviglioso specchio d'acqua. Il re e la regina si destarono, corsero alla fonte, vi si specchiarono [capovolti] e cominciarono a ridere. Non d'una risata vuota com'era stata quella di Liris, ma d'una risata schietta che è benessere interiore.

Twitter ancora una volta quindi, in questa settimana, è stato il territorio in cui nuove esperienze di condivisione venivano proposte e vissute. Inutile dire che che #tmente si è mescolato, inesorabilmente e meravigliosamente, con i riti della Passione, Morte e Resurrezione della Pasqua cattolica. 

Difficile dire quanto sia rimasto dell'idea originaria, ma ciò che è emerso, per me, è un mondo molto bello in cui chi ha suggerito, proposto, evidenziato ha effettivamente incentrato il suo contributo per esaltare l'intreccio tra le passioni della mente e il risultato artistico. Anzi, è emerso chiaramente come l'arte sia la sola via per mettere a fuoco in modo nitido certe sofferenze, certi passaggi, certi stati mentali. Anche certi passaggi della società in cui viviamo hanno trovato spazio: basta guardare l'immagine che qui riporto in cui la classica visione romantica passa attraverso una foto (forse un selfie?).

Sul sito di Giuliano (http://www.umanamenteonline.it) troverete, ovviamente, di meglio e di più. 

Qui voglio solo suggerire a chi frequenta twitter di seguire la sequenza dei contributi oppure scaricare i due tweetbook in pdf che @atrapurpurea ha splendidamente messo a punto affinché ci fosse una traccia di quanto apparso: 

#tmente ha avuto oltre a Giuliano ed @atrapurpurea i contributi essenziali di @giovannifanfoni, @fchiusaroli (#scritturebrevi) e @isainghirami.

Io sono stato onorato di averne fatto (minimamente) parte. 
Twitter per me resta un posto dove accadono cose meravigliose.