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sabato 23 novembre 2013

la necessità di una piazza

Ieri, 22/11/2013, Blowin' the web di Cotroneo, su Sette del Corriere della Sera, suggeriva ancora una volta un tema centrale della modernità, o meglio, della post-modernità: l'assenza del tempo e del cammino.
Si ricordava che viviamo, grazie all'evoluzione tecnologica, in un mondo nel quale il tempo è un eterno presente e dove le generazioni non sono più distinguibili. Data l'assenza del tempo, il padre non potrà raccontare al figlio ciò che ha vissuto perché entrambi condividono un tempo, falso, che non li differenzia più.
Cotroneo attribuisce ciò anche al fatto che non ci sono più "cammini"; è difficile delineare dei percorsi individuali che poi vanno raccontati, comunicati e assimilati. I rapporti tra le persone avvengono in una piazza virtuale (web, tv, social) dove si sta tutti insieme e nello stesso istante tutti dicono le stesse cose. A mente fredda è un inferno che neanche Dante avrebbe immaginato così crudele.

Ieri sera, per quelle coincidenze alle quali sono affezionato, sono andato a sentire la presentazione di un saggio che si preannuncia molto interessante: "La questione giovanile bella società post-moderna" di Claudio Marotti (Ed Aguaplano). L'analisi che Claudio ci ha presentato nelle due ore che ha avuto a disposizione è stata semplice e lineare. La si può riassumere con il fatto che in pochi si sono accorti della mutazione antropologica avvenuta in pochi anni e che ha radicalmente modificato alla radice certi prerogative dell'essere umano. Claudio ha ricondotto la questione giovanile all'interno di questa mutazione antropologica quasi come un corollario.

Non voglio fare il sociologo da quattro soldi ma entrambe le voci, in modi e tempi diversi, raccontano la stessa cosa: l'inadeguatezza di modelli culturali che surrogano, per sete di profitto e/o semplicemente per ignoranza, l'essenza degli individui.

Credo, personalmente, che la situazione italiana sia più grave che in altri paese. Scontiamo anche qui un ritardo enorme. Nei paesi del nord-europa, ma anche in Spagna, i consessi civici hanno riformulato i paradigmi delle architetture cittadine, rimettendo al centro la possibilità di un incontro reale. La necessità di uno spazio fisico nel quale (ri)trovarsi è divenuta vitale. Nel nostro paese, da questo punto di vista, il divario tra nord e sud è ancora più forte di quello industriale e tecnologico.
Le città del centro-nord conservano in parte le loro piazze fisiche dove resistono bar, librerie; resistono luoghi dove è possibile incontrarsi. Qui al Sud, per larga parte il centro di aggregazione è il supermercato o il centro commerciale.
Lo spaesamento all'interno di questi luoghi lo conosciamo tutti: ciò che abbiamo sottovalutato e la ns trasformazione come individui quando messi in questa realtà.

La risposta non potrà che essere un nuovo modello culturale che rimetta al centro la persona. E benvenuto questo papa allora, che sta dando il via alla riformulazione di alcuni concetti che credevamo dimenticati e che vanno proprio in questa direzione.

Da dove si parte ? Non ho risposte certe, figuriamoci, ma credo che il lavoro grosso sia degli architetti e dei musicisti.
Agli architetti, gestori di volumi chiusi e aperti come li definiva un mio compianto professore, dovrebbe essere demandato il progetto, la concezione di nuove piazze, di nuovi centri, che non siano solo il posto dove bere un caffè e comprare il giornale ma diventino stabilmente i luoghi in cui si possa svolgere la vita civica e culturale di una comunità, di un territorio.
Ai musicisti, dispensatori di una cultura che supera le possibili divisioni della lingua parlata, dovrebbe essere affidato la concezione di programmi culturali che in queste nuove piazze fissino appuntamenti che le identifichino e che le conferiscano il ruolo di collante.
Pensiamo al lavoro del Maestro Abreu che dal Venezuela si è allargato al mondo.

I social, le piazze virtuali, il web si dovranno/potranno integrare in questi spazi fisici senza che ne prendano definitivamente il sopravvento.  Realtà del genere già esistono in Francia e in Belgio: non parlo di cose impossibili. Esistono anche all'interno di grandi città, come i programmi di riqualificazione del Marais a Parigi.

Ci piaccia o meno, il riappropriarsi del tempo e dello spazio, è la battaglia che dobbiamo combattere.




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