giovedì 31 gennaio 2013

inps

Tutte le mattine accompagno i miei ragazzi a scuola. L'ultima fermata che faccio è vicino al liceo; lì c'è, all'angolo, la sede INPS di competenza.

Tutte le mattine, da quando è iniziato l'anno scolastico, vedo la fila di persone che attendono l'apertura delle 8:30. Ho imparato a riconoscere certi volti.

C'è quello sprezzante che è lì e non aspetta altro che avere la carta che gli consentirà di tirare avanti senza far nulla per un altro po'. C'è quello nuovo che visibilmente non è avvezzo a quella situazione e fa domande, parlando in continuazione.

Poi ci sono quelli a capo chino, distratti come se guardassero in una direzione nota solo a loro. Fumano magari e si nascondono dietro quei gesti. Sono volti che in qualche modo ti tornano anche familiari: in provincia sembra che tutti si conoscano.
Sono silenziosi, dimessi, sembra palpabile un senso come di vergogna di quella situazione.
È gente che un lavoro l'aveva e magari era di quelli 'buoni', intendo di quelli con contratti accettabili. Oppure erano ben pagati perchè l'azienda fioriva anno dopo anno.

Poi la crisi.
I primi stipendi non pagati, stai tranquillo le cose si aggiustano, ti pago questo mese a metà per il resto vedremo, forse un po' di ripresa ci aiuterà . . . . e ci si ritrova disoccupato, disoccupata. E poi quando finisce il sussidio che faccio, come farò, ho quasi 50 anni, chi mi prende . . . . le domande, le preoccupazioni si percepiscono, anche se io li vedo dal vetro della mia auto,  di
passaggio.

A volte, ma molto raramente,  si scorge un sorriso: l'azienda riapre, mio cognato apre un negozio e ha detto che mi prende con lui, ho deciso mi metto a vendere la mozzarella, . . .
Più spesso c'è in quei visi  un misto di disperazione malcelata, ma anche uno sguardo ancora animato da un filo tenue di speranza. Forse perchè a casa ci sono bambini che aspettano, altre speranze da non disilludere.

A queste persone dovrei, dovremmo pensare sempre. Perché potremmo essere noi.
Siamo noi.

Tra meno di un mese si vota.



lunedì 28 gennaio 2013

studio di un ciliegio in inverno

formazione, persistenza e cancellazione dei ricordi

Sono sempre stato affascinato dalla meccanica delle emozioni e quindi del cervello.
Il neurone (ovvero il sistema assone-dendrite) è forse la più meravigliosa tra le meraviglie del corpo umano.
I segnali elettrici possono attivare innumerevoli possibilità di connessione e quindi la formazione dei ricordi, delle emozioni, è simile a percorsi creati e scelti in un divenire continuo. I percorsi non sono prestabiliti ma esistono le condizioni affinché essi possano essere creati e poi attivati.

La composizione del ricordo (o dell'emozione, o della sensazione) è quindi, in ultima analisi, un paesaggio.
Un paesaggio di strade percorribili e percorse. E' la formazione, tra infinite possibilità, di quelle strade che in sostanza compongono il nostro essere. Potremmo dire che c'è un 'pattern' che ci qualifica nella nostra unicità.

La nostra vita allora è la formazione, la persistenza e poi la cancellazione di questi paesaggi. Di questi ricordi.

La madeleine di Proust è un profumo (un'immagine, una musica, una carezza, un sapore) che attiva una di quelle strade ed essa viene ripercorsa risvegliando tutte le emozioni, i pensieri, le sensazioni che appartenevano a quel paesaggio. Ridisegnandolo.

Ho utilizzato allora, due inverni fa, il mio caro ciliegio come modello.
I suoi rami spogli d'inverno somigliano molto alle connessioni cerebrali. Ho annullato tutte le sfumature e sono passato a tre soli colori: bianco, nero e rosso. La complessità l'ho lasciata agli intrecci e non nella composizione cromatica.

E' una serie da 11 che va letta come una storia. Si trova qui in forma completa:  formazione, persistenza e cancellazione dei ricordi.

Qui riporto la mia preferita. Buona visione.