Mare splendido, sabbia finissima, spiaggia immensa. Pallavolo, giochi, ragazzi, musica.
La vacanza passava quieta quando una sera, nell'unica discoteca, la vedo. Milanese, bellissima.
La mia timidezza esplose in un silenzio di tomba. Guardavo solo: non ero più capace di parlare.
Studiavo la situazione. Molti ragazzi attorno a lei. Milanesi, romani, ma soprattutto alti e atletici.
Non sarebbe bastato mettere la camicia con le maniche arrotolate e il bermuda ed essere più eleganti. Combattere con chi nasce già baciato da madre natura è dura. Ma ero (e sono) uno coriaceo.
Lentamente cercai di capire cosa le facesse piacere e cosa le potesse dar fastidio. Capii che il mio understatement non era passato inosservato e soprattutto che certi sguardi non cadevano nel vuoto.
Una parola, poi uno scambio, infine una battuta, aprirono un varco, soprattutto dentro di me. Ma la situazione arrivò a un punto morto. Non si sbloccava. I giorni passavano e capivo che c'era bisogna di una svolta. All'inizio dell'ultima settimana (delle tre) di vacanza, avvenne.
Un sabato sera, forse notte, tornando a piedi al campeggio, ci guardammo e senza dire nulla ci demmo la mano e camminammo insieme. Non ci fu bisogno di parole.
Invece di tornare nelle ns. tende (lei era in un camper, la ns. tenda invece era una specie di lazzaretto) andammo in spiaggia. "Mi hanno detto che suoni la chitarra: canteresti qualcosa per me ?!"
Qualcosa ?! Fumavo da poco e avevo ancora una voce decente. Ovviamente avevo il repertorio classico dei falò ma anche l'asso nella manica di Pino Daniele che all'epoca non era ancora così famoso. Furono giorni di luce, di luna e di musica. Giorni in cui capii che una certa vita finiva e ne cominciava un'altra. Lei parlava poco ma rideva molto e soprattutto - molto spesso - mi prendeva la mano.
Poi. Poi una notte rientrai in tenda (era quasi l'alba) e mi addormentai subito.
Poche ore dopo un mio amico mi svegliò di soprassalto e mi disse: "Guarda che sta partendo".
Mi precipitai verso il camper che era già in movimento. Lei scese e mi guardò in silenzio.
Dopo qualche istante (e qualche lacrima di entrambi) mi disse:
"Non ti avevo avvertito della partenza per non farti soffrire. Grazie.". Non ebbi la forza di dire nulla.
Cercai di avere un recapito, un telefono, ma lei mi negò tutto.
"La nostra storia vive e resta qui, altrimenti la sciuperemmo.", furono le sue ultime parole.
Restammo abbracciati ancora un momento. Poi lei salì in camper e andò via.
Rientrato qualche giorno dopo a casa, mia madre mi disse:
- Tutto bene ?! Ti vedo strano.
- Nulla. Tutto normale.
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