Parlo sempre di meno, ascolto sempre tantissima musica ma ho ripreso a leggere. Questo riprendere i libri in mano avviene dopo un periodo post-covid in cui facevo una gran fatica: mi sembrava che la concentrazione fosse ormai persa.
Mamma mi racconta sempre che quando imparai a leggere, lo facevo in continuazione, cercavo pezzi di giornale, etichette di cibi, qualsiasi cosa che mi consentisse di passare alla comprensione delle lettere prima e delle parole poi. Nei fatti, iniziai a leggere prima che andassi in prima elementare.
Nella lettura, per lavoro o per diletto, trovo (ancora) una sorta di pace, di accomodamento; la lettura diventa un luogo dove tutto, anche le cose oscure, i sentimenti più nascosti possono vivere serenamente perchè ben descritti.
Ho invece difficoltà, in questi tempi, a relazionarmi con gli altri perché lo trovo sempre più difficile, faticoso a volte, deludente spesso. Non è una forma di snobismo ma una certa ritrosia verso chi usa le parole in modo scorretto, affettato o superficiale. Io stesso non mi sopporto quando non curo bene, con attenzione, le parole che uso.
Alle volte non sono neanche le parole in se stesse, ma il contesto in cui vengono pronunciate; le vivo come dei graffi profondi su un tessuto prezioso che si rovina irrimediabilmente. In quei momenti. percepisco quelle che per me sono vere e proprie finestre su un mondo interiore che quelle parole, quelle frasi nascondono o sottintendono ma non posso esprimermi come vorrei perchè risulterei presuntuoso, superbo.
La parola scritta è stata per me una riconquista anche se è un mondo nel quale vivo da solo, accessibile a nessuno. C'è sempre la speranza che grazie a quelle parole stampate si possa poi affrontare una comunicazione vera, tra persone che vogliono ascoltarsi e comprendersi l'un altro.
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