Mi sembrava giusto leggere questo libro nei giorni di Quaresima, in prossimità delle celebrazioni della Settimana Santa.
La Pirdunanza è la storia di un suicidio che poi si svela essere un omicidio: è apparentemente un giallo, ma in realtà cela molte possibili letture, come tutti i libri ben riusciti.
È un affresco sulla Sicilia degli anni '50 e di gran parte del nostro Meridione dove riti arcaici si intersecavano, ancora per poco, con la civiltà contadina. In questi riti arcaici il Cristianesimo era prepotentemente entrato a dettare certi tempi, a dare quasi un ritmo alle esistenze. La Pirdunanza è appunto uno di questi riti della Pasqua.
È una fotografia dei contrasti sociali che si iniziano a palesare e soprattutto della perdita irrimediabile di antiche letterature tramandate ancora oralmente. La figura del carabiniere è bellissima.
È anche un leggero saggio filosofico sul peccato, sulla ragione, sulla scienza e sulla fede. Temi appena accennati, certo, ma presenti.
Libro scritto in forma barocca, con dovizia di descrizioni e particolari. Ma in una forma che è leggera, mai noiosa. Ci si sente al centro della vicenda con la giusta curiosità verso le cose, le persone e i sentimenti.
Un libro nel quale si giudica raramente. Il narratore e il suo alter-ego, pur non disdegnando prese di posizione chiare nei confronti dell'autorità, delle ipocrisie sociali, e un malinteso senso del peccato, osservano gli eventi con la consapevolezza fondamentale che il rispetto, per sé e reciproco, può essere una guida fondamentale. Una pietas che non diventa mai accondiscendenza.
"la verità a volte nel venire a galla preferisce farsi precedere dall'errore, per accrescere nell'attesa il suo già inestimabile valore"
Buona Lettura
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